Con l’ultima Legge di Bilancio, il sistema pensionistico italiano ha visto la proroga di un’importante misura dedicata all’uscita anticipata dal lavoro: Quota 103. Questo strumento consente ai lavoratori di accedere alla pensione prima del raggiungimento dell’età pensionabile ordinaria, a condizione che siano soddisfatti requisiti anagrafici e contributivi ben definiti.
La disciplina della Quota 103, confermata anche per il 2025, riguarda tutti i lavoratori dipendenti e autonomi, sia del settore privato che pubblico. L’accesso è garantito a coloro che, entro il 31 dicembre 2025, maturano 62 anni di età e 41 anni di anzianità contributiva.
A tal proposito è giunto in redazione un quesito.
Salve, ho 62 anni di età e una situazione contributiva in cui ho 35 anni di contributi come lavoratore dipendente, 4 anni di gestione separata INPS e 2 anni versati alla cassa forense (avvocati). Tutti versati in periodo diversi della mia vita lavorativa. Sono a chiedere se possono fare domanda per Quota 103, cumulando gratuitamente tutti gli anni contributivi così da raggiungere i requisito dei 41 anni di contributi complessivi.
Il meccanismo di calcolo dell’assegno con Quota 103
Il nome “Quota 103” (pensione anticipata flessibile) deriva proprio dalla somma di questi due requisiti: 62 anni + 41 anni di contributi = 103.
Il meccanismo è stato pensato per offrire una possibilità concreta di pensionamento anticipato, pur mantenendo un equilibrio tra flessibilità in uscita e sostenibilità del sistema previdenziale.
L’importo della pensione erogata attraverso Quota 103 viene determinato interamente con il metodo contributivo, indipendentemente dalla collocazione anagrafica del lavoratore all’interno del sistema misto o retributivo.
Tale scelta, oltre a garantire maggiore equità tra generazioni, introduce anche un limite temporaneo all’importo mensile erogabile. Infatti, fino al compimento dell’età pensionabile ordinaria, attualmente fissata a 67 anni, l’assegno pensionistico non può superare quattro volte il trattamento minimo INPS, pari a 2.413,60 euro lordi mensili nel 2025.
Superata questa soglia anagrafica, la pensione si adegua al valore pieno spettante secondo le regole del sistema contributivo, eliminando il tetto temporaneo precedentemente imposto.
Le finestre di decorrenza: tempi diversi per pubblico e privato
Una volta maturati i requisiti anagrafici e contributivi, non si accede immediatamente al trattamento pensionistico. La norma prevede delle finestre mobili di attesa che differiscono a seconda del settore lavorativo di appartenenza.
Per i lavoratori del settore privato, l’accesso alla pensione (decorrenza) avviene dopo un’attesa di sette mesi dal momento in cui si raggiungono i requisiti. Nel caso dei dipendenti pubblici, il periodo di attesa si estende a nove mesi. Questa misura è stata introdotta per favorire un progressivo adattamento organizzativo, sia per le aziende che per le pubbliche amministrazioni.
Incompatibilità con il reddito da lavoro
Chi usufruisce della Quota 103 è tenuto al rispetto di una rigida regola di incumulabilità tra pensione e redditi da lavoro. In pratica, non è consentito svolgere attività lavorativa, né alle dipendenze né in forma autonoma, una volta avviato il trattamento pensionistico anticipato.
Fa eccezione solo il lavoro autonomo occasionale, purché i compensi annui non superino il limite di 5.000 euro lordi. Oltre questa soglia, il diritto alla pensione sarebbe sospeso per tutto il periodo di svolgimento dell’attività lavorativa.
Quota 103: il cumulo contributivo gratuito
Uno degli aspetti più vantaggiosi della Quota 103 è la possibilità di accedere al pensionamento anticipato anche in presenza di carriere lavorative non lineari, grazie alla possibilità di utilizzare il cumulo gratuito dei contributi.
Questo meccanismo consente di sommare, gratuitamente, i periodi contributivi maturati in diverse gestioni previdenziali dell’INPS, a patto che non si sovrappongano. L’unica esclusione riguarda i contributi versati alle Casse professionali, che restano fuori dal perimetro del cumulo.
In questo modo, anche chi ha cambiato più volte occupazione o ha alternato lavori dipendenti e autonomi può raggiungere i 41 anni richiesti. Valorizzando così tutti gli spezzoni contributivi altrimenti non utilizzabili.
In base a quanto anzidetto, dunque, il lettore può cumulare gli anni di lavoro dipendente (35) e quelli della gestione separata INPS (4) ma non quelli della cassa forense. Pertanto, non riesce a raggiungere il requisito dei 41 anni di contributi complessivi.