Quota 104 e quota 41. Potrebbero essere queste le novità che anticiperanno la vera e propria riforma delle pensioni che sarà attuata dal prossimo Governo.
Queste misure, Quota 41 e Quota 104 nel 2023, dovrebbero accompagnare la proroga di Opzione donna e dell’Ape sociale che con molta probabilità troverà posto nella prossima legge di bilancio.
Introdurre quota 104 e quota 41 comporta però delle rinunce, nel senso che il nuovo Governo dovrà trovare i fondi necessari per coprire le due novità, ciò potrebbe andare a discapito di misure di sostegno attualmente in essere, quale ad esempio il reddito di cittadinanza.
Quota 104 e quota 41
A fine anno quota 102 non sarà rinnovata. Al suo posto potrebbe essere introdotta quota 104. In poche parole, il giusto equilibrio tra requisiti anagrafici e contributivi per andare in pensione, dovrebbe essere raggiunto con un’eta tra 65-66 anni e un’anzianità contributiva di 38-39 anni.
L’altra novità dovrebbe essere l’estensione di quota 41.
Attualmente quota 41 è riservata ai lavoratori precoci ossia:
- in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995,
- che possono far valere 12 mesi di contribuzione effettiva antecedente al 19° anno di età e
- che perfezionano, entro il 31 dicembre 2026, 41 anni di contribuzione (Fonte portale INPS).
Per accedere a quota 41 è necessario trovarsi in precise condizioni, quale ad esempio: uno stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale nell’ambito della procedura di cui all’articolo 7, legge 15 luglio 1966, n. 604 e conclusione integrale della prestazione per la disoccupazione da almeno tre mesi.
Anche i lavoratori che svolgono mansioni particolarmente gravose possono accedere a tale canale di pensionamento anticipato.
Quali conseguenze se passano quota 104 e quota 41?
E’ chiaro che introdurre quota 104 ed estendere quota 41 comporterebbe l’impiego di ingenti risorse economiche.
Come detto in premessa, il nuovo Governo dovrà trovare i fondi necessari per coprire le due novità, ciò potrebbe andare a discapito di misure di sostegno attualmente in essere, quale ad esempio il reddito di cittadinanza.
Infatti, secondo l’INPS solo quota 41 costerebbe allo Stato circa 18 miliardi di euro.
A ogni modo, tutte le forze politiche hanno promesso che il ritorno alla Legge Fornero sarà scongiurato.