La riforma pensioni che verrà sarà incentrata sulla flessibilità in uscita. Questo comporterà disincentivi a lasciare anzi tempo il lavoro, ma anche premi per chi vi resta più a lungo.
Lo schema che governo e sindacati stanno cercando di mettere in piedi si baserà quindi su un compromesso. Ta le che, da un lato possa rendere sostenibile la spesa previdenziale, e dall’altro consentire ai lavoratori di andare in pensione prima dei 67 anni previsti dalla Fornero.
Quota 41 e uscita a 62 anni
Il progetto su cui i sindacati premono da tempo è semplice e lineare: in pensione a partire da 62 anni o con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età.
Andare in pensione a 62 anni sarebbe possibile solo a fronte di una penalizzazione che, peraltro, i sindacanti hanno già messo in conto. Lo schema adottabile potrebbe essere quello dell’economista Michele Raitano che propone una penalizzazione per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 della vecchiaia.
Lo schema ricalca il modello tedesco, ma risulterebbe particolarmente penalizzante perché in Italia vige ancora il sistema di calcolo retributivo. In altre parole, per chi ha iniziato a lavorare presto e volesse uscire 3 anni prima dei 67 subirebbe una forte penalizzazione sul calcolo della pensione.
Bonus per le donne con figli e per chi ritarda la pensione
Viceversa, per chi intendesse ritardare la pensione bisognerebbe prevedere un premio, sempre sulla base di quanto avviene in Germania. Anche se, in questo caso, il metodo di calcolo misto rischierebbe di pesare troppo sui conti dell’Inps.
Per quanto riguarda le donne con figli, infine, sarebbe auspicabile un meccanismo che preveda degli sconti sull’età anagrafica. Un anno per ogni figlio, ad esempio, con un tetto massimo di 24 mesi.
Attualmente questo sconto è già previsto per le pensioni di vecchiaia delle donne, ma vale poco. 4 mesi per ogni figlio per un massimo di 12 mesi se si hanno tre o più figli.