I dividendi pagati da una società residente di uno Stato contraente ad un residente dell’altro Stato contraente sono imponibili in detto altro Stato. Tuttavia, tali dividendi sono imponibili anche nello Stato contraente di cui la società che paga i dividendi è residente, ed in conformità alla legislazione di detto Stato, ma, se la persona che riceve i dividendi ne è l’effettivo beneficiario, l’imposta così applicata non può eccedere il 15% dell’ammontare lordo dei dividendi. Si tratta della disposizione contenuta all’art.
10 della Convenzione contro le doppie imposizioni in essere tra Italia e Portogallo, richiamata dall’Agenzia delle Entrate nella Risposta n. 69/E del 2020, in cui è affrontato il caso di un soggetto (signora) erede iscritta all’Aire e residente in Portogallo, la quale, fa presente che con sentenza (emessa a seguito del giudizio proposto per la divisione ereditaria a seguito del decesso del padre, avvenuto nel 2012) è stato disposto lo scioglimento della comunione ereditaria e l’attribuzione dei beni divisi a ciascuno dei coeredi. Nell’asse ereditario era compresa anche una quota societaria di una Srl con sede in Italia, pari al 60% del capitale sociale, rilevata poi da uno solo dei coeredi. La menzionata sentenza, ha attribuito alla signora una somma corrispondente ai diritti di liquidazione sulla suddetta quota della Srl, caduta in successione (la signora ha anche già pagato la tassa sulla successione e la tassa di registro riguardante la sentenza). A fronte di ciò, pertanto è stato chiesto all’Amministrazione finanziaria se questa somma va dichiarata in Italia assoggettandola ad imposta sul reddito e quale sia l’eventuale aliquota applicabile oltre che le modalità di versamento.
Il parere
Il coerede che ha acquisito l’intera società, nell’accettazione dell’eredità si è avvalso della c.d. clausola di gradimento, che gli ha permesso di escludere dalla compagine societaria gli altri coeredi (tra cui la signora istante), acquisendo il 100% del capitale sociale.
Conseguenza di ciò, dunque, è che alla signora stessa spetta solamente il diritto alla liquidazione della propria quota parte, come quantificata dal Tribunale nella citata sentenza. Secondo l’Agenzia delle Entrate, tale corresponsione delle somme stabilite giudizialmente corrispondente ai diritti di liquidazione della quota di partecipazione, rientra nelle ipotesi di recesso di cui all’art. 2473 del Codice civile e fiscalmente si rende applicabile, secondo la disciplina italiana vigente, la ritenuta a titolo d’imposta del 26% se corrisposti a persone fisiche (art. 27, comma 1, DPR n. 600 del 1973). Tale disposizione si applica anche nei confronti dei percettori non residenti, con la precisazione che laddove si tratta di soggetti residenti in Paesi con i quali è in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni, questi possono richiedere di applicare le disposizioni relative ai “Dividendi” contenute in tali trattati bilaterali, richiamata nell’attacco al presente articolo. Pertanto, conclude l’Agenzia delle Entrate, trattandosi, nel caso di specie, di un “dividendo” non ancora percepito, la signora stante potrà chiedere l’applicazione diretta della convenzione al sostituto di imposta italiano (ossia, alla Srl) al momento di effettuazione della ritenuta del 15%, previa presentazione della documentazione idonea a dimostrare l’effettivo possesso di tutti i requisiti previsti dalla convenzione per fruire dell’agevolazione (Risoluzione n. 86/E del 2006).