Avanzano le formazioni anti-sistema
Quando mancano 12 giorni al primo turno, non possiamo sbilanciarsi con certezza nemmeno su quali siano i 2 candidati in grado di approdare al ballottaggio. Lo scenario più sgradito ai mercati sarebbe quello di uno scontro finale tra Le Pen e Mélénchon, entrambi candidati anti-sistema, contrari alla UE, tanto da proporre un referendum sulla permanenza in essa della Francia. L’unica reale differenza sta nella gestione della sicurezza e dell’immigrazione, ma per il resto entrambi si fanno carico di istanze contrarie all’establishment.
Ad oggi, le probabilità che un simile scenario si concretizzi restano basse, ma il punto è un altro: in che condizioni verserà politicamente la Francia tra pochi giorni, quando sarà ufficiale che con ogni probabilità non arrivi al ballottaggio nemmeno uno dei rappresentanti dei principali schieramenti (i Repubblicani neo-gollisti oggi all’opposizione e i socialisti al governo), com’è accaduto lo scorso anno in Austria? E se i socialisti scendessero persino sotto la soglia del 10% non sarebbe la prova di una crisi devastante della gauche storica, incommensurabilmente più grande di quella accusata nel 2002, quando pur restando esclusa dal ballottaggio registrò percentuali ben più onorevoli? (Leggi anche: Hollande lascia sinistra a pezzi)
Rally euro probabilmente non duraturo
Ammesso che a vincere sia il rassicurante (per Bruxelles) Macron, Parigi scivolerebbe forse verso la fine della Quinta Repubblica, con candidati anti-sistema preponderanti nei consensi e con un establishment europeo a tirare un sospiro di sollievo solo temporaneo, dato che il centrista non avrebbe dietro di sé una formazione in grado di sostenere il suo lustro all’Eliseo.
Entreremmo, quindi, in una stagione caratterizzata da una potenziale paralisi istituzionale e da una necessaria reinvenzione dei due principali schieramenti, ciascuno dei quali sarà costretto a prestare maggiore attenzione alle istanze euro-scettiche presenti in entrambi i fronti.
Che la seconda economia dell’Eurozona venga attraversata da tali tensioni non può costituire la base per una ripartenza dell’euro all’indomani delle elezioni. O meglio, la reazione dei mercati sarebbe certamente di giubilo nel caso di vittoria di un Macron o un Fillon, ma smaltita la sbornia, specie dopo un’eventuale vittoria del primo, tutti dovranno fare i conti con un clima politico molto meno rassicurante di oggi in una delle capitali fondatrici della UE. Il rally dell’euro avrebbe vita breve, anche perché ai dubbi sul nuovo corso francese si sommeranno le inquietudini per il voto italiani, al più tardi tra 10 mesi. (Leggi anche: Le Pen o Macron, se il vero rischio fosse un altro?)