E’ un’Italia divisa e floscia quella che emerge dal cinquantunesimo rapporto Censis sulla situazione attuale del paese, un’Italia che sembra economicamente in ripresa ma senza valori: crescono i consumi per l’intrattenimento, pay tv, mostre, cinema, eventi e smartphone con il boom delle vendite. Un quadro che cozza con quello del resto d’Europa dove, invece, i consumi per i “piaceri della vita” sembrano in calo.
Rapporto Censis 2017 dati contrastanti
La situazione italiana fotografata dal rapporto Censis è controversa perché da un lato è chiara la ripresa economica e industriale dall’altro osserva un trend in cui gli italiani sembrano dare sempre più importanza all’innovazione tecnologica e passioni futili espressione di una crisi dell’immaginario collettivo.
Una fotografia ben chiara di un paese pronto a tagliare altre spese per non rinunciare allo svago personale. Non è però tutto oro quel che luccica: accanto a chi è riuscito a fare il balzo in avanti figura quel popolo rancoroso che il rapporto ha appunto chiamato “L’Italia dei rancori” per evidenziare che “il dividendo sociale della ripresa economica non è stato distribuito e il blocco della mobilità sociale crea rancore”. La nostra è un’Italia che sembra incapace di guardare al futuro e sembra ancora legata a vecchi miti superati. Non a caso tra i desideri degli italiani, al primo posto, c’è sempre il sogno del posto fisso, accompagnato da social network, casa di proprietà e da smartphone: passato e presente che sgambettano nei pensieri degli italiani e non creano le giusti basi per progredire.
Il problema giovani
E poi ci sono i giovani, i cosiddetti Millennials, un numero vicino a 11 milioni rispetto ai 50milioni di elettori, un forte squilibrio che motiva, in un certo senso, il perché si parli più di pensioni che di disoccupazione giovanile. Gli italiani poi sembrano sempre guardare con pessimismo al futuro; l’87% delle persone che fanno parte del ceto popolare e medio non vedono possibilità di ascesa sociale, dato che scende solo al 71% del ceto benestante. A dare manforte a questo quadro preoccupante ci sono gli arrivi degli immigrati con basso titolo di studio in confronto a quelli che arrivano negli altri paesi europei, lavoratori qualificati che scelgono altri paesi all’Italia.
Sfiducia nelle istituzioni
La scoraggiante fotografia italiana inquadra anche la scomparsa delle figure intermedie nel mondo del lavoro con una riduzione dell’11% di impiegati e operai a fronte di una crescita dell’11,4% delle professioni intellettuali e delle professioni non qualificate, un dato da associare ai sempre meno laureati nel nostro paese: siamo penultimi in Europa per numero di laureati e chi si laurea in Italia è sempre più propenso a trasferirsi all’estero con numeri triplicati rispetto al 2011.
E poi c’è la completa sfiducia nelle istituzioni: l’84% degli italiani non ha fiducia nei partiti politici, il 78% nel Governo, il 76% nel Parlamento, il 70% nelle istituzioni locali, Regioni e Comuni.
Infine c’è la pesante sconfitta del Sud dal punto di vista demografico: i dati confermano che gli abitanti sono aumentati nelle grandi città come Milano, Roma e Firenze mentre alcune città del Sud come Napoli, Palermo e Catania hanno visto un perenne spopolamento.
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