La notizia è passata molto in sordina tra la stampa finanziaria, ma quanto accaduto venerdì scorso apre scenari considerati remoti fino a pochi giorni fa. L’agenzia di rating Fitch ha declassato il debito pubblico della Francia di un gradino da AA ad AA-. A questo punto, Parigi di allontana ulteriormente dal club della tripla A a cui apparteneva fino al 2011. Alla base della decisione dell’istituto c’è stata la considerazione che le furenti proteste di piazza contro la riforma delle pensioni potrebbero picconare il processo di consolidamento fiscale voluto dal governo.
Prima di Fitch, il rating francese era stato declassato da DBRS nell’ottobre del 2020 ad AA(high), mentre S&P nel dicembre scorso abbassava l’outlook da “stabile” a “negativo” per il suo giudizio AA. In teoria, potrebbe anch’essa declassare il debito della Francia entro breve. Inutile dire che sia un fatto di assoluta importanza nel panorama finanziario internazionale. Il rating francese resta molto solido, ma le distanze con la Germania si ampliano.
Boom debito Francia dal 2007
Il debito pubblico della Francia si è attestato al 111,60% del PIL nel 2022. Era al 97,40% prima del Covid. Un balzo di oltre 14 punti percentuali, maggiore di quello registrato nello stesso triennio dall’Italia, il cui indebitamento, però, a fine 2022 era al 144,4%. Dalla crisi finanziaria mondiale del 2007, il debito francese è salito di 53 punti rispetto al PIL, quello italiano di circa 40 punti. E’ vero che l’Italia partiva da livelli molto maggiori, ma ha fatto relativamente meglio. In un certo senso, la nostra situazione fiscale non ci ha consentito negli ultimi 15 anni di fare eccessiva leva sul deficit. Parigi sembra essersi svegliata in tal senso solo negli ultimissimi anni.
Il declassamento del rating francese può diventare una buona notizia per l’Italia, pur non immediata. La Francia è ago della bilancia nell’Unione Europea con riguardo a due piani di ragionamento: la politica fiscale in via di revisione con il nuovo Patto di stabilità; la politica monetaria con i rialzi dei tassi d’interesse della Banca Centrale Europea (BCE). Il presidente Emmanuel Macron farà di tutto nei prossimi mesi per apparire intenzionato ad abbattere il debito pubblico in rapporto al PIL, per cui non si sbilancerà troppo a favore della flessibilità pretesa dagli alleati del Sud Europa.
Tuttavia, egli sa che la sostenibilità delle finanze statali dipenderà anche dall’evoluzione della spesa per interessi. E tramite il governatore della Banca di Francia, François Villeroy de Galhau, c’è da scommettere che nelle prossime settimane farà valere le “ragioni” di Parigi sulla connazionale Christine Lagarde, che della BCE è numero uno. Più dura la stretta sui tassi e maggiore la pressione sui mercati sovrani nazionali. A sua volta, essa richiederà politiche di compressione della spesa pubblica, che rischiano di aggravare la tensione sociale nei vari paesi europei e di moltiplicare gli scontri in Francia dopo l’impopolare riforma delle pensioni.
Rating Francia legato a tassi BCE
In questo clima, le riforme diventano meno credibili e il rating della Francia rischia ulteriori declassamenti da qui a qualche anno. Uno scenario che Macron cercherà di allontanare puntando a ridurre l’intensità della stretta BCE, facendo asse con partner già critici come l’Italia. E questo sarebbe un tonificante per i titoli di stato italiani, percepiti a maggiore rischio di sostenibilità quando il costo del denaro sale. Lo spread parla chiaro e da mesi non si schioda da 180-190 punti base a cui è sceso dopo essere esploso nell’autunno scorso fino a 150 punti.
Lo spread francese resta molto più contenuto in area 50-60 punti.