Reazione a catena sulle altre banche centrali
Non parliamo della Svizzera, dove la SNB di Thomas Jordan ha da anni adottato tassi negativi sui depositi delle banche, azzerato i tassi di riferimento e ampliato le riserve valutarie a un livello record, superiore allo stesso pil elvetico; tutto, pur di non importare deflazione, essendo stato eliminato il cambio minimo contro l’euro nel gennaio 2015, introdotto unilateralmente nel settembre del 2011. Con le elezioni francesi, il franco svizzero ha guadagnato quasi il 7% contro l’euro, attestandosi a un rapporto di 1,1467 di ieri, ai massimi da inizio 2015.
E che dire della Bank of England, che si trova nella complicata condizione di dovere gestire l’uscita dalla UE del Regno Unito, la quale richiede allo stesso tempo sostegno all’economia britannica e attenzione all’impatto che la Brexit sta già avendo sulla sua inflazione, salita in agosto al 2,9% dal 2,6% di luglio, nettamente al di sopra del target. A seguito della pubblicazione del dato, la sterlina ieri è salita a un cambio di 1,33 contro il dollaro, il livello più alto dalla fine di giugno dello scorso anno, pur restando a -11,3% dalla seduta precedente al referendum sul divorzio tra Londra e Bruxelles. Il mercato sta scontando la maggiore probabilità di una stretta imminente da parte della BoE, ma il governatore Mark Carney spera di dovere procedere a un rialzo dei tassi contemporaneamente alla BCE, altrimenti l’apprezzamento del cambio metterebbe a rischio la crescita dell’economia UK.
Il punto è che Draghi non è detto che alzerà i tassi così presto, anzi l’uscita dall’accomodamento monetario sarebbe più graduale di quanto immaginiamo, tenendo conto che l’inflazione nell’area resti bassa e che la stessa crescita del pil, per quanto ai massimi da un decennio, non sarebbe tale da giustificare l’avvio di una stretta. E un terzo delle esportazioni di Svezia e Svizzera, nonché quasi la metà di quelle britanniche si hanno proprio verso l’Eurozona, ragione per cui queste economie non potrebbero permettersi un eccessivo rafforzamento del cambio contro l’euro, finendo altrimenti per subire un danno. Quando Draghi alzerà i tassi, o meglio, quando preparerà i mercati ufficialmente alla stretta, si noterà un effetto domino tra gli istituti, con l’immediato aumento dei tassi in mezza Europa, da Londra a Stoccolma, da Zurigo alle capitali dell’est.