Un beneficiario su cinque perderà il reddito di cittadinanza

La riduzione del reddito di cittadinanza da 18 mesi ad 8 mesi nel 2023 comporterà conseguenze per circa 846.000 percettori
2 anni fa
1 minuto di lettura
Reddito di cittadinanza
Foto © Licenza Creative Commons

Arrivano i primi dati su quelle che potrebbero essere le conseguenze delle nuove misure restrittive messe in campo dal governo sul reddito di cittadinanza e contenute nella manovra di bilancio 2023.

A riferirli è il presidente dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), Gian Carlo Blangiardo, in audizione alla Camera sulla manovra stessa.

A salvare i percettori del sussidio potrà essere solo qualche emendamento alla manovra che potrebbe arrivare durante l’esame parlamentare. Il governo Meloni, infatti, nel testo della finanziaria così come approvato adesso, ha deciso di mantenere il beneficio nella sua forma attuale ancora solo per 8 mesi nel 2023 per poi abolirlo dal 2024 per fare spazio a una nuova forma di assistenza (che dovrà ancora essere definita).

Reddito di cittadinanza, per meno mesi nel 2023

In pratica, la manovra per il 2023, dice che “Nelle more di una organica riforma delle misure di sostegno alla povertà e di inclusione attiva, dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023, la misura del reddito di cittadinanza, è riconosciuta nel limite massimo di 8 mensilità”.

Questo significa che per il 2023 il sussidio sarà percepito solo per 8 mensilità e non più, invece, per 18 mesi (rinnovabili). La cosa interesserà i percettori di età compresa tra 18 anni e 59 anni.

Sono esclusi da questa restrizione i nuclei familiari al cui interno vi siano persone con disabilità, i minorenni o persone con almeno 60 anni di età.

Secondo i primi dati riferiti dal presidente dell’ISTAT, questo taglio ad 8 mensilità colpirà circa 846.000 individui. Ciò si traduce in poco più di 1 beneficiario su 5 (oltre 1/3 degli attuali beneficiari percettori di età compresa tra 18 anni e 59 anni).

Le altre novità

Oltre alla minor durata, la manovra prevede allo stesso tempo anche che i percettori del reddito di cittadinanza nel 2023 dovranno essere inseriti, per un periodo di 6 mesi, in un corso di formazione e/o di riqualificazione professionale.

Il mancato rispetto del citato obbligo formativo comporterà la decadenza dal beneficio.

Nel 2023 si perderà il sussidio anche al rifiuto della prima offerta congrua di lavoro (e non più al secondo rifiuto).

Previste, inoltre, le seguenti ulteriori novità:

  • tutti i percettori (non più solo 1/3) dovranno essere impiegati in progetti di pubblica utilità;
  • il reddito derivante da attività di lavoro stagionale e intermittente non concorrerà al beneficio nel limite di 3.000 euro. Questo significa che il lavoratore stagionale potrà continuare a percepire il reddito di cittadinanza integralmente anche per i primi 8 mesi del 2023 se il reddito che deriva dalla sua attività lavorativa non supera la citata soglia.

Dal 2024, invece, salvo passi indietro, il reddito di cittadinanza sarà abrogato per fare spazio, come detto, a una riforma delle misure di sostegno alla povertà e di inclusione attiva.

Pasquale Pirone

Dottore Commercialista abilitato approda nel 2020 nella redazione di InvestireOggi.it, per la sezione Fisco. E’ giornalista iscritto all’ODG della Campania.
In qualità di redattore coltiva, grazie allo studio e al continuo aggiornamento, la sua passione per la materia fiscale e la scrittura facendone la sua principale attività lavorativa.
Dottore Commercialista abilitato e Consulente per privati e aziende in campo fiscale, ha curato per anni approfondimenti e articoli sulle tematiche fiscali per riviste specializzate del settore.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Educazione finanziaria: consigli per gestire le proprie finanze
Articolo precedente

Debuttano gli Smart Deposit di Smart Bank con possibilità di richiedere fino all’80% degli importi senza rinunciare agli interessi

Pensioni anticipate ordinarie nel 2025, l’età non conta, ecco la guida
Articolo seguente

In pensione subito a 64 anni tra i 20 ed i 27 anni di contributi, ecco perché