Il reddito di cittadinanza così com’è non va. A dirlo sono i dati. I beneficiari del sussidio ammontano a 1,2 milioni di nuclei familiari, corrispondenti a 3,7 milioni di persone. Parliamo del 6% della popolazione residente. Di questi, i due terzi si trovano nel Meridione, un’area in cui vive appena un terzo della popolazione.
L’idea che 3.000 navigator, perlopiù senza esperienza e sprovvisti di mezzi pratici, avrebbero potuto aiutare i percettori del reddito di cittadinanza a trovare lavoro, si è rivelata assurda. Solo una minima parte ha effettivamente trovato un posto di lavoro dall’aprile 2019, mese di avvio dell’erogazione del sussidio.
Ma l’aspetto più dibattuto in questi mesi riguarda l’impatto negativo che il reddito di cittadinanza starebbe avendo sul mercato del lavoro. Con le riaperture e l’arrivo della stagione turistica, sono tanti gli imprenditori che lamentano l’impossibilità di trovare manodopera disponibile. E sarebbero in tanti durante i colloqui a suggerire ai datori di lavoro di assumerli in nero, così da non dover rinunciare al sussidio.
Riforma reddito di cittadinanza
Una riforma intelligente e seria è stata proposta dal Direttore Generale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Marcello Minenna. In un articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore, ha lanciato l’idea di consentire la cumulabilità tra reddito di cittadinanza e redditi da lavoro stagionale. In questo modo, nessuno sarebbe disincentivato ad accettare lavori temporanei. Anzi, avrebbe il modo per accrescere le entrate mensili. Aggiungiamo noi, perché non consentire il cumulo con i redditi da lavoro anche a tempo indeterminato, pur entro certi limiti e fino a un dato periodo di tempo?
Minenna propone anche di consentire agli imprenditori di accedere direttamente alla lista dei beneficiari per eventuali assunzioni. In effetti, il combinato tra cumulabilità e accesso alla lista avrebbe senso: i percettori del reddito di cittadinanza sarebbero più disponibili ad accettare anche lavori con retribuzioni medio-basse, potendo continuare a godere del sussidio; dall’altro lato, le imprese troverebbero conveniente rivolgersi a questa platea, da cui sanno di potere attingere per offerte di lavoro magari scartate dagli altri candidati per lo scarso appeal delle condizioni.
In questo modo, il reddito di cittadinanza diverrebbe uno strumento per incentivare la creazione di lavoro e sostenere i redditi più bassi. E maggiori le occasioni professionali e di formazione, più elevate le probabilità future di trovare lavoro e meglio retribuito. Di certo, lasciando le cose per come stanno, il sussidio sarà insostenibile e crescentemente considerato inaccettabile tra lavoratori e imprese.