Reddito di cittadinanza e assegno unico, l’Europa nega il valore del lavoro e spalanca le porte al turismo del welfare

La messa in mora dell'Italia su reddito di cittadinanza e assegno unico spalanca le porte a un turismo del welfare senza valore per il lavoro
2 anni fa
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L’Italia rischia l’apertura della procedura d’infrazione da parte dell’Unione Europea su due punti: reddito di cittadinanza e assegno unico. Alla Commissione non vanno giù i requisiti stringenti fissati per l’erogazione delle prestazioni assistenziali. In particolare, il riferimento è alla residenza per almeno dieci anni (due anni per l’assegno unico) sul territorio nazionale, di cui due anni consecutivi, per ottenere i benefici. Si tratta per Bruxelles di “discriminazione” e di lesione del principio di libera circolazione dei lavoratori all’intero dell’Unione Europea.

L’Italia ha ora due mesi di tempo per replicare alle rimostranze dei commissari. Se non lo farà o se non risulterà convincente, sarà sanzionata.

Riforma reddito di cittadinanza più probabile

Il reddito di cittadinanza è un nervo scoperto del welfare italiano. Il governo Meloni vuole riformarlo e, anzi, già da quest’anno ne ha ristretto i benefici temporalmente per i percettori di età compresa tra 18 e 59 anni, in buone condizioni di salute e senza minori a carico. Dal prossimo anno, solo gli over 60, gli invalidi e coloro che hanno soggetti minori a carico potranno farne richiesta. E’ quanto emerge dalle intenzioni di riforma rese note dalla maggioranza in questi mesi.

Contrariamente a quanto si pensi, la decisione europea non “blinda” il reddito di cittadinanza. Al contrario, rende più probabile una sua revisione in senso molto più restrittivo. E la ragione è semplice: non ci sarebbero sufficienti risorse per soddisfare le richieste che arriverebbero da milioni di cittadini extra-comunitari e anche comunitari presenti nel nostro Paese. Il rischio paradossale per le famiglie in difficoltà è che, allargandosi la platea dei possibili beneficiari, i requisiti necessari per accedere al sussidio debbano essere ristretti al punto da lasciare praticamente fuori quasi tutti.

Lezione Brexit non imparata

La messa in mora di Bruxelles è sbagliata da più punti di vista.

Fissare un requisito temporale per accedere a un beneficio sembra essere la via migliore per evitare sul nascere truffe e furberie. Ricordate come nacque la Brexit? Il Regno Unito chiese alla Commissione di poter escludere dai benefici assistenziali i cittadini comunitari con meno di qualche anno di residenza sul suolo britannico. Lamentò il fatto che centinaia di migliaia di stranieri, arrivati perlopiù dall’Europa dell’Est, si spostassero nel Regno Unito per beneficiare del generoso welfare nazionale senza avere lavorato neppure un giorno.

Anche allora la Commissione s’irrigidì e non comprese che il turismo del welfare rappresenta una minaccia al mercato unico. La chiusura mentale dei commissari portò al referendum sulla Brexit e all’inattesa vittoria dei “Leave”. Invece, il criterio della residenza non è solo corretto al fine di restringere la platea dei beneficiari; esso lega l’assistenza sociale alla partecipazione alla vita economica di una nazione. Chi vuole fare domanda del reddito di cittadinanza, si presuppone che perlomeno abbia contribuito in qualche modo all’economia italiana. Se non grazie al lavoro, eventualmente anche solo vivendoci e consumando.

Assistenza slegata da ogni dovere

Venendo meno il requisito della residenza, si svilisce il valore del lavoro. L’assistenza diventa un diritto slegato dai doveri. Ci si dimentica che il welfare sia reso possibile grazie a milioni di cittadini che quotidianamente si alzano per recarsi al lavoro, fare impresa, produrre, investire e inventarsi qualcosa di nuovo per sé e con benefici per le casse dello stato e il benessere sociale. I commissari ci spiegano che un qualsiasi cittadino del mondo possa venire in Italia o Francia o Germania, ecc., e pretendere assistenza senza avere contribuito neppure per un giorno a creare ricchezza nel territorio in cui pretende l’erogazione di un servizio o sussidio.

Finché l’Europa rimarrà paralizzata dai formalismi che essa stessa si crea per tendere a una società astrattamente perfetta, le fonti di tensione rischiano di superare le ragioni dello stare assieme.

Il turismo del welfare presenta costi superiori ai benefici, specie laddove diffonda la convinzione all’infuori dei confini nazionali che l’Italia sia diventata il bengodi di fannulloni e furbi da ogni angolo terrestre.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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