Il reddito di cittadinanza è l’argomento caldo del momento: tutti attendono le prossime mosse del governo Meloni con il fiato sospeso perché si parla di profonda rivoluzione del sussidio che, così com’è, non piace a tutti. L’intenzione di alcuni esponenti di Fratelli d’Italia, infatti, è quella di trasformarlo in due misure differenti: da una parte in un incentivo per l’assunzione per le aziende e dall’altra ancora un aiuto economico più consistente per chi non può lavorare per diverse ragioni.
La temuta riforma è prevista già con la legge di Bilancio in vigore il 1° gennaio prossimo, ma nel frattempo si ipotizzano possibili scenari, compreso quello del diritto acquisito.
Eventuale eliminazione del sussidio: quando?
La domanda sorge spontanea in chi lo percepisce, con non poco terrore: a partire da quando potrebbe essere eliminato – o trasformato – il reddito di cittadinanza? I progetti politici dei diversi partiti, già in fase elettorale, parlavano chiaro: la misura dovrebbe restare attiva fino a fine 2022 per non destabilizzare i percettori. Disfarsi così rapidamente di un aiuto, in un momento di crisi come questo, potrebbe trasformarsi in un durissimo colpo.
Con il nuovo governo formato, però, arriverà il momento di affrontare la Legge di Bilancio 2023 e i detrattori del reddito di cittadinanza avranno occasione di parlare approfonditamente della misura. In questa fase di incertezza possiamo solo ipotizzare che l’eventuale stop arrivi intorno a gennaio 2023. I percettori, però, potrebbero non avere motivo di preoccuparsi nell’immediato. Ecco perché.
Il reddito di cittadinanza è un diritto acquisito
Gli esperti tranquillizzano chi percepisce il reddito di cittadinanza definendolo un diritto acquisito, ovvero una spettanza che, una volta diventata parte della sfera giuridica di un soggetto, diventa immutabile nonostante successive modifiche dell’ordinamento giuridico. Per farla semplice: non importa quanto il nuovo governo voglia metterci mano, chi già lo percepisce può considerarlo certo almeno per un periodo.
I beneficiari che ne hanno fatto richiesta in base alla normativa vigente hanno infatti diritto a ricevere 18 mensilità consecutive con la possibilità di rinnovo per altri 18 mesi, purché non la situazione di base non cambi diventando incompatibile con i requisiti. Insomma, una immediata cancellazione del reddito di cittadinanza con cessazione istantanea dei pagamenti rischierebbe di essere incostituzionale.
L’esempio del Rei, reddito di inclusione, parla chiaro: nonostante fosse sostituito dal reddito di cittadinanza, i percettori ne hanno beneficiato fino a scadenza naturale come previsto con il decreto n. 4/2019.
18 mesi di sostegno assicurato? Sì, ma…
In realtà, il governo Meloni avrebbe comunque un’asso nella manica per intervenire nell’immediato e porre fine istantanea al reddito di cittadinanza anche prima della scadenza: applicare le norme attuali. Oggi è previsto che i percettori del sussidio non possano rifiutare più di due offerte di lavoro adeguate. Chi ha già chiesto un rinnovo, ha una sola possibilità di rifiuto.
Quindi, non serve altro che far applicare il tracciamento delle offerte di lavoro proposte ai beneficiari, con relativa sanzione e stop dell’erogazione in caso di rifiuti superiori a quanto previsto.
Oggi come oggi, dato che molti hanno richiesto il rinnovo già una volta, basterebbe un no a una sola offerta per perdere l’aiuto. Una norma fino a oggi poco applicata che, però, potrebbe davvero fare piazza pulita.