Reddito di cittadinanza: raccoglie mele e adesso rischia fino a 3 anni di carcere

Un percettore di Reddito di Cittadinanza ha dimenticato di dichiarare di aver lavorato come raccoglitore di mele e adesso rischia grosso.
3 anni fa
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Reddito di cittadinanza
Foto © Licenza Creative Commons

Oggi vogliamo raccontarvi dell’assurda vicenda di un sessantenne della val di sole, nel Trentino, percettore di reddito di cittadinanza che non avrebbe dichiarato un piccolo reddito extra guadagnato dalla raccolta delle mele. Si tratta di una vicenda al limite dell’incredibile, anche perché si tratta di un guadagno talmente basso da essere ininfluente ai fini della percezione del sussidio. Vediamo meglio che cosa è successo.

Reddito di cittadinanza, bisogna dichiarare anche la raccolta delle mele

La vicenda è accaduta in val di sole, nel Trentino, dove un sessantenne percettore di Reddito di Cittadinanza (di circa 800 euro al mese) ha dimenticato di dichiarare di aver lavorato come raccoglitore di mele, percependo un guadagno extra pari a 287 euro.

Si tratta di una cifra davvero modesta, tanto da non influire ai fini della percezione del sussidio stesso. Purtroppo, però, la legge prevede che qualsiasi reddito prodotto deve essere sempre dichiarato, altrimenti è possibile incorrere in sanzioni o in pene ancora più severe.

Lavoro e sussidio, ecco cosa si rischia

Diciamo fin da subito che la legge non prevede alcun impedimento per coloro che lavorano e, allo stesso tempo, percepiscono il Reddito di Cittadinanza, purché, ovviamente, non vengano superate le soglie reddituali ed economiche previste dalla normativa.
Ad ogni modo, se un componente del nucleo familiare inizia una nuova attività lavorativa dovrà darne comunicazione all’INPS, utilizzando il modello SR181. Questo anche se si tratta di un lavoro occasionale.
Ritornando alla vicenda in argomento, rivelata da “ladige.It”, il 60enne è finito nella rete dei controlli incrociati della Guardia di finanza. Lo stesso è stato denunciato per il reato di cui all’articolo 7, comma 2 del decreto legge 4 del 2019, che prevede pene fino a 3 anni di reclusione.

 

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