Nuovo problema reddito di cittadinanza: se chi dovrebbe trovare lavoro è il primo a scappare

Sempre più Navigator si dimettono, preferendo contratti più stabili. Un altro fallimento del Reddito di Cittadinanza.
2 anni fa
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reddito di cittadinanza
Foto © Licenza Creative Commons

Il Reddito di Cittadinanza è sicuramente una delle misure più discusse negli ultimi anni. Uno dei cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle, che è anche stato una delle cause dello strappo tra Giuseppe Conte e il premier Mario Draghi.

Il reddito di cittadinanza, pensato per sostenere le famiglie in difficoltà economica e per facilitare l’incontro tra la domanda e offerta di lavoro, in pochi anni si è trasformato in un mero sussidio.

Soltanto qualche settimana fa, nel suo consueto report annuale, L’INPS ha spiegato che :

“oltre l’80% dei beneficiari del reddito di cittadinanza nel 2021 è risultato non avere avuto alcuna posizione lavorativa nello stesso anno (…).

Quei soggetti che in assenza del Reddito di Cittadinanza avrebbero lavorato potrebbero essere scoraggiati ad accettare un lavoro oppure incentivati a ridurre le ore di lavoro prestate o ancora a cercare soluzioni di lavoro totalmente o parzialmente sommerso”.

Come se non bastasse, in questi gironi è stato evidenziato anche un altro importante problema, e questa volta riguarda quei soggetti che avrebbero il compito di trovare un lavoro ai percettori del sussidio. Stiamo parlando, ovviamente, dei navigator.

Secondo un recente report della Corte dei conti, quest’ultimi stanno diminuendo di anno in anno, preferendo lavori più stabili.

Reddito di cittadinanza, c’è anche un problema con i navigator

Secondo quanto Sottolinea la Corte dei conti nella relazione su ANPAL del 25 luglio 2022:

“Rispetto al numero dei navigator contrattualizzati al 31 dicembre 2019, pari a 2.978, i navigator sono diminuiti, alla data del 21 marzo 2022, di oltre un terzo e ammontano a 1.870 unità”.

Insomma, i soggetti che avrebbero dovuto trovare un lavoro ai percettori di reddito di cittadinanza sono i primi a scappare.

La ragione principale va ricercata nel fatto che, trattandosi di personale laureato ha trovato lavori più stabili, con inquadramenti più favorevoli.

Circa un terzo dei navigator, a distanza di appena due anni, si è dimesso.

Il problema è che per la selezione e la formazione di queste figure professionali, lo stato ha dovuto investire circa 808 mila euro.

Il numero dei dimissionari potrebbe essere molto più alto. L’ultima scadenza dei contratti, infatti, era fissata al 30 aprile 2022. I navigator hanno chiesto una loro stabilizzazione, ma non hanno ricevuto alcuna risposta.

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