I tre scenari possibili dopo il referendum
In effetti, la consequenzialità tra caduta del governo Renzi e uscita dell’Italia dall’euro appare poco chiara e tortuosa da seguire come ragionamento. Con Renzi dimissionario, esistono tre scenari possibili:
1) Il presidente Sergio Mattarella, preso atto dell’assenza di una maggioranza parlamentare alternativa e dell’indicazione del nome di un premier diverso, riassegna l’incarico allo stesso Renzi, il quale probabilmente dovrà allargare la coalizione di governo a un pezzo di centro-destra (Forza Italia?) per fare le riforme, quanto meno riscrivere la legge elettorale.
2) Il PD, i centristi e magari pezzi di opposizione concordano un nuovo nome per Palazzo Chigi. Circolano quelli di Pier Carlo Padoan, attuale ministro dell’Economia, ma non escludiamo nemmeno Tito Boeri, presidente dell’Inps. Si darebbe vita a un governo tecnico, finalizzato a traghettare l’Italia verso le elezioni politiche del 2018, magari attuando qualche riforma strutturale, oltre quella della legge elettorale, tenendo dritta la barra dei conti pubblici;
3) Elezioni anticipate: Renzi da segretario del PD non avallerebbe probabilmente alcun nuovo governo da lui non guidato e si andrebbe al voto. Ipotizzando che gli italiani voteranno con l’Italicum, questa varrà solo per la Camera, mentre il Senato (in teoria, avrebbe dovuto essere abolito con la riforma bocciata della Costituzione) sarebbe rinnovato con il Consultellum, ovvero con una legge proporzionale con le preferenze. Attenzione, se la Consulta bocciasse dopo il referendum l’Italicum, molto probabilmente questo non prevederebbe più alcun premio di maggioranza alla coalizione o al partito vincente, per cui anche se il Movimento 5 Stelle prendesse più voti di tutti gli altri, non avrebbe alcuna maggioranza assoluta dei seggi per governare e sarebbe disinnescato il rischio di un referendum sull’euro, già formalmente non previsto dalla Costituzione.