Referendum e mercati: se vince il “no”, il danno lo rischia la Grecia

Il referendum costituzionale di oggi potrebbe avere effetti anche sugli altri paesi. E la Grecia pagherebbe l'eventuale vittoria del "no".
8 anni fa
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Il massiccio sell-off sul mercato dei titoli di stato degli ultimi mesi, intensificatosi con la vittoria di Donald Trump alle elezioni USA, ha riguardato un po’ tutti i bond occidentali, tranne quelli emessi dalla Grecia. Potrebbe sembrare un paradosso, ma l’economia più martoriata dallo scoppio della crisi finanziaria del 2008 non sembra essere stata lambita dalle vendite. Al contrario, se guardiamo al titolo con scadenza decennale, notiamo come esso abbia guadagnato in meno di 10 mesi ben il 56%, vedendo diminuire negli ultimi tre mesi il suo rendimento di 180 punti base (1,8%) al 6,5%, il più basso degli ultimi 26 mesi.

Contrariamente a quant’è accaduto per il resto della periferia dell’Eurozona, Atene ha assistito a un apparentemente paradossale restringimento del suo spread, rispetto ai Bund tedeschi. Come mai? La risposta sta nella scommessa del mercato, che presto la BCE inserirà anche i titoli ellenici tra quelli acquistati con il “quantitative easing”. Inoltre, da settimane si è tornati a discutere in Europa, pur tra tipici tira e molla, di una ristrutturazione del debito pubblico della Grecia, oggi in mano ai creditori dell’Eurozona e della BCE. (Leggi anche: Grecia, niente ristrutturazione del debito a breve)

Chi rischia insieme all’Italia

Questo clima quasi idilliaco, però, da domani mattina potrebbe finire, qualora oggi in Italia vincesse il “no” al referendum costituzionale, creando sui mercati nuovi timori sulla tenuta della moneta unica e, in particolare, sulla permanenza delle economie più deboli nell’unione monetaria. Oltre tutto, gli investitori potrebbero rifugiarsi nei Bund per ripararsi dai rischi percepiti, ampliando il divario tra i rendimenti ellenici e quelli tedeschi.

Grecia, quindi, quale vittima quasi inconsapevole di un voto che non la riguarda, una volta tanto. In effetti, l’aspetto più interessante per il caso di vittoria del “no” sarà scrutare quali spread saliranno e quali si manterranno invariati. I rendimenti dei Bonos spagnoli, ad esempio, risentiranno delle vicissitudini politiche italiane? Ad oggi, pare che a rischiare siano insieme a noi Portogallo e Grecia.

Da Ferragosto ad oggi, i rendimenti lusitani a 10 anni sono saliti di 100 bp come i nostri BTp, ma al 3,7%, circa 170 bp al di sopra dei titoli italiani. Da domani vedremo chi ci dovesse seguire dietro la lavagna. (Leggi anche: Mercati più rilassati a ridosso del referendum)

 

 

 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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