Italia Viva di Matteo Renzi ha annunciato che dal 15 giugno inizierà la raccolta firme per l’abolizione del reddito di cittadinanza tramite referendum. L’iniziativa dell’ex premier non è un fulmine a ciel sereno per la politica italiana. Da sempre, egli ha ostentato contrarietà rispetto a un sussidio, che in molti ritengono stia disincentivando al lavoro, specie tra i più giovani. La misura è fortemente difesa dal Movimento 5 Stelle, che ne fu l’ideatore con il primo governo Conte, quello “giallo-verde” in alleanza con la Lega.
L’iter ad ostacoli della raccolta firme
I beneficiari del sussidio staranno tremando all’idea che presto possa essere abolito. E’ davvero così? L’art.75 della Costituzione prevede la possibilità di indire referendum abrogativi di leggi, ad eccezione di quelle di bilancio, tributarie, su indulto, amnistia e autorizzazioni a ratificare trattati internazionali. Allo scopo, è necessario raccogliere almeno 500.000 firme nell’arco di massimo 90 giorni. E queste vanno presentate alla Corte di Cassazione, superato il vaglio della quale sarà la Corte Costituzionale a pronunciarsi sulla legittimità della richiesta.
La Costituzione rimanda a una legge dello stato per disciplinare la materia ed essa ad oggi permette il deposito delle firme in Cassazione dall’1 gennaio al 30 settembre di ogni anno, ad eccezione dell’anno che precede le elezioni politiche e nei sei mesi successivi ad esse. Poiché la scadenza naturale della legislatura si ha nella primavera del prossimo anno, risulta che non sia possibile presentare le firme raccolte per tutto quest’anno e neppure il prossimo. Al più presto, Renzi potrebbe depositarle nel 2024 e con ogni probabilità il referendum per abolire il reddito di cittadinanza si celebrerebbe tra il 15 aprile e il 15 giugno del 2025.
Abolizione del reddito di cittadinanza non immediata
Dunque, la raccolta firme dei renziani serve semplicemente a fare campagna elettorale. Del resto, se solo i partiti volessero realmente abolire il reddito di cittadinanza, basterebbe che lo facessero in Parlamento. Senza il Movimento 5 Stelle, unica formazione strenuamente a favore del sussidio, circa i due terzi di Camera e Senato sarebbero in grado di votare contro. Se non accade, è perché i “grillini” servono a garantire stabilità al governo Draghi fino a fine legislatura e perché, ad essere onesti, nessuno vuole inimicarsi sotto elezioni una fetta considerevole dell’elettorato, concentrato nel Meridione.
Il PD non potrebbe prendere posizione ufficiale contro il reddito di cittadinanza, in quanto punta ad allearsi con i 5 Stelle alle prossime elezioni. Il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi ha assunto una posizione sorprendentemente non pregiudiziale pochi mesi fa. Sarà stata pure tattica, in vista dell’elezione del presidente della Repubblica, ma tant’è. Come possiamo capire, la strada per l’abolizione del sussidio si rivela più lunga di quanto immaginiamo. C’è ad oggi solo una corsa dei partiti a posizionarsi con finalità elettoralistiche sul tema assai divisivo. Di concreto, però, c’è nulla.