Non può agire in regime forfetario il soggetto che nei due anni precedenti ha conseguito il proprio fatturato principalmente dalla società nata da un operazione straordinaria (scissione parziale) della compagine di cui era stato dipendente. In tal caso, si configura la causa ostativa di cui alla lett. d-bis) della legge n. 190 del 2014 e successive modificazioni, ai sensi della quale non può essere forfetario il contribuente la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili a tali datori di lavoro, fatta eccezione per chi inizia una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni.
Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate nella Risposta n. 108/E del 2020 in cui è stato affrontato il dettagliato caso di un ingegnere (soggetto istante) il quale riferiva di essere titolare di partita iva dal 5 settembre 2017 e di aver lavorato come dipendente di una società fino al 31 agosto 2017. Dal 1° settembre 2017 è titolare di un contratto a tempo indeterminato come insegnante. L’istante specifica altresì che tra il 2017 e il 2018 la società in cui ha lavorato come dipendente è stata interessata da una serie di operazioni straordinarie (prima una trasformazione societaria in società a responsabilità limitata avvenuta nel novembre 2017 e poi una serie di altre operazioni di scissione parziale). A seguito di tale acquisizione la società, pur mantenendo inalterato il proprio codice fiscale e la propria partita IVA, è stata ridenominata e si presenta con una compagine sociale e un consiglio di amministrazione diversi rispetto a quelli presenti prima dell’operazione straordinaria e quindi nel momento cui era in corso il rapporto di lavoro dipendente. L’ingegnere nel corso degli anni 2017, 2018 e 2019 ha emesso fatture verso la società derivante dall’operazione straordinaria e quindi chiede se deve ritenersi sussistere la causa di esclusione sopra menzionata oppure la nuova compagine risultante dall’operazione può considerarsi diversa dal datore di lavoro alle cui dipendenze questo si trovava nel 2017.
L’ex datore di lavoro resta lo stesso
L’Agenzia delle Entrate, dopo aver ripercorso l’iter istitutivo del regime forfetario e la sua evoluzione normativa nel tempo (il regime è stato introdotto dalla Legge n. 190 del 2014 ed è stato oggetto di successive modificazioni tra cui da ultimo quelle ad opera delle manovre di bilancio 2019 e 2020 intervenute sui requisiti di cui al comma 54 della menzionata legge 190 e sulle cause di esclusione di cui al successivo comma 57) ricorda che la ratio della causa di esclusione in esame è quella di evitare artificiose trasformazioni di attività di lavoro dipendente in attività di lavoro autonomo, prevedendo a tal fine un periodo di sorveglianza (Circolare n. 9/E del 10 aprile 2019). Secondo l’Amministrazione finanziaria, anche laddove nel frattempo sia avvenuta un’operazione straordinaria che abbia coinvolto l’ex datore di lavoro (come nel caso in esame) quest’ultimo non può ritenersi cambiato, con la conseguenza che deve ritenersi violata la causa di esclusione di cui al menzionata lett. d-bis). L’ingegnere, quindi, nel 2020 non può essere forfetario ma deve ora rientrare nell’ordinario con tutte le rettifiche del caso. La causa cesserà di essere ostativa, invece, a partire dall’anno d’imposta 2021, essendo decorsi i due periodi d’imposta di sorveglianza previsti dalla lettera d-bis) in esame, fermo in ogni caso restando lo svolgimento di un’effettiva attività di lavoro autonomo su cui rimane fermo ogni potere di controllo dell’amministrazione finanziaria.