Da lavoratore dipendente a partita IVA. Il passo è breve. Quanti non voglio più stare sotto padrone e dopo anni di gavetta e dopo aver imparato un mestiere o una professione decidono di mettersi in proprio. L’apertura della partita IVA richiede anche la scelta del regime fiscale in cui operare. Per chi ne ha i requisiti la scelta conveniente è quella del regime forfettario.
Un regime che presenta numerosi vantaggi. A partite da una tassazione più agevolata del reddito che deriva dall’attività svolta.
Non è però tutto rosa e fiori. Ad esempio, non si possono dedurre i costi inerenti l’attività (tranne i contributi previdenziali ed assistenziali assolti per obbligo di legge) e dal reddito dell’attività non si possono nemmeno detrarre/dedurre le spese personali e familiari (spese sanitarie, interessi mutuo abitazione principale, ecc.).
Il divieto di fatturare verso l’ex datore di lavoro
Chi decide di mettersi in proprio ed aprire partita IVA in regime forfettario deve stare anche attento verso chi emette fattura. Se lo fa verso l’ex datore di lavoro rischia di uscire dal regime stesso e dover poi finire in quello ordinario IRPEF.
Tra i requisiti richiesti per essere forfettario, infatti, il legislatore stabilisce che il contribuente non deve esercitare la sua attività
prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili a tali datori di lavoro, fatta eccezione per chi inizia una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni.
Si consideri, ad esempio, un soggetto che nel 2023 vuole aprire partita IVA forfettaria. Se questi fattura prevalentemente verso un soggetto che ha rappresentato il suo datore di lavoro nel 2022, allora non può stare nel forfettario. Se, invece, il suo ex datore di lavoro verso cui fatturerà in misura prevalente risale a prima del 2021, allora la causa ostativa non c’è. Quindi, nel 2023 può stare nel regime forfettario.
Il legislatore ha voluto questo requisito per evitare comportamenti artificiosi tra datore di lavoro e dipendenti. Quindi, evitare che il datore di lavoro chieda artificiosamente al proprio lavoratore di trasformare il contratto di lavoro dipendente in un rapporto di collaborazione a partita IVA. In questo, il lavoratore continuerebbe a lavorare per lui ma in maniera autonoma e non subordinata.
Regime forfettario, quando si può fatturare verso l’ex datore di lavoro
La parola su cui concentrarsi è “prevalentemente”. A questo proposito, secondo quanto chiarito dall’Agenzia Entrate nella Circolare n. 9/E del 2019
I parametri a cui far riferimento per il calcolo della prevalenza sono i ricavi conseguiti e i compensi percepiti nei confronti dei datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o nei confronti dei quali il contribuente abbia svolto la propria attività lavorativa negli ultimi due periodi d’imposta ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai suddetti datori di lavoro
Il requisito della prevalenza andrà inteso in senso assoluto, con la conseguenza che, per integrare la causa ostativa, occorrerà che i ricavi conseguiti e i compensi percepiti nell’anno nei confronti dei datori di lavoro ovvero dei soggetti a essi riconducibili siano in ogni caso superiori al 50%.
Questo significa che se dei ricavi/compensi totali che percepisce, oltre il 50% derivano da fatture emesse verso il suo ex datore di lavoro degli ultimi due anni, il contribuente non può essere in regime forfettario. Quindi, si può fatturare verso l’ex datore di lavoro a condizione che sia rispettata la citata condizione della “non prevalenza”.
Esempio
Antonio nel 2023 ha partita IVA in regime forfettario. Questi consegue ricavi complessivi per 50.000 euro, di cui 10.000 deriveranno da fatture emesse verso il suo ex datore di lavoro del 2022. Questi, nel 2023 può stare nel forfait, poiché i compensi che derivano dal suo ex datore di lavoro non superano il 50% del totale.