Per i lavoratori impatriati la base imponibile contributiva ossia il reddito sul quale calcolare i contributi previdenziali da versare all’INPS è la stessa di quella individuata ai fini Irpef. Questo è l’importante e tanto atteso chiarimento che l’INPS ha messo nero su bianco con la circolare n° 52/2023 avente ad oggetto la compilazione del quadro RR del modello Redditi 2023, periodo d’imposta 2022.
Fino a oggi, si erano venuti a creare pareri contrastanti, nel senso che tra i vari addetti ai lavori c’era chi sosteneva che l’abbattimento del reddito previsto in favore di chi beneficia del regime fiscale degli impatriati valesse solo ai fini fiscali e non ai fini contributivi.
Il regime degli impatriati
Il regime fiscale agevolato per i lavoratori impatriati ossia che decidono di trasferire la propria residenza in Italia, è disciplinato all’art.16 del D.Lgs 147/2015.
L’agevolazioni riguarda sia i lavoratori dipendenti sia gli autonomi, imprenditori e professionisti.
Può accedere alla tassazione agevolata chi:
- non è stato residente in Italia nei due periodi d’imposta precedenti il trasferimento e si impegna a risiedervi per almeno due anni,
- svolge attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.
Possono accedere al regime agevolato anche i cittadini italiani non iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) purché, nei due periodi d’imposta precedenti il trasferimento, abbiano risieduto in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi.
Grazie al regime di tassazione agevolata, i suddetti soggetti pagano le imposte solo sul 30% del reddito prodotto o sul 10% nel caso in cui la residenza è trasferita in una delle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia.
Al ricorrere di determinate condizioni, superato il primo quinquennio, è possibile beneficiare dell’agevolazione per ulteriori cinque anni(5+5).
Non c’è compatibilità tra regime degli impatriati e forfettario.
Impatriati. Contributi sul reddito individuato ai fini fiscali (nuova circolare INPS n°52/2023)
Come accennato in premessa, fino a oggi non era del tutto chiaro se l’abbattimento dell’imponibile fiscale valesse anche ai fini contributivi. Infatti, non si erano pronunciate in merito né l’INPS né l’Agenzia delle entrate.
Dunque, la domanda che era lecito porsi era se i contributi previdenziali dovuti sul reddito da lavoro dipendente, autonomo o di impresa dovessero essere calcolati sul reddito abbattuto in applicazione del regime degli impatriati o sul reddito ordinario (base imponibile Irpef)?
Ebbene, con la circolare n°52/2023, finalmente l’INPS mette nero su bianco che:
Nel caso in cui nei quadri RF e RG sia stata barrata la casella “Impatriati – art. 16 D. Lgs. 147/2015”, la base imponibile è la stessa individuata ai fini IRPEF.
Dunque, i contributi da versare all’INPS dai titolari di partita iva andranno calcolati sulla base dell’imponibile fiscale ottenuto in applicazione dello sconto previsto per i lavoratoti impatriati.
Nei fatti, il regime fiscale agevolato riservato agli impatriati ha effetti anche ai fini contributivi. Il discorso si complica però per i lavoratori dipendenti, considerato che la base imponibile previdenziale è fissata dalla contrattazione collettiva. Motivo per il quale, rispetto a tale categoria di lavoratori, si ritiene che l’agevolazione fiscale non possa estendersi alla base imponibile previdenziale.
Riassumendo.
- Il regime fiscale agevolato riservato ai lavoratori impatriati consente di risparmiare sulle imposte da versare allo Stato;
- il regime può essere applicato per un periodi di 5 anni rinnovabili, nel rispetto di alcune condizioni, per un ulteriore quinquennio;
- fino a oggi non era stato chiarito se il reddito imponibile ai fini fiscali in applicazione del regime agevolato era da considerare anche ai fini degli obblighi contributivi.
- con la circolare n°52/2023, finalmente l’INPS mette nero su bianco che la base imponibile previdenziale è la stessa di quella ridotta individuata ai fini IRPEF.