L’Iran perde non solo Assad, ma anche i soldi (tanti) prestati al vecchio regime

Il regime in Iran non ha soltanto perso il dittatore amico Assad, ma anche decine di miliardi di dollari prestati alla Siria.
1 mese fa
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Regime in Iran sempre più in difficoltà
Regime in Iran sempre più in difficoltà © Licenza Creative Commons

Con la caduta di Damasco il cerchio si stringe attorno al regime dell’ayatollah Khamenei in Iran. Bashir al-Assad è stato un protégé di Teheran, oltre che di Mosca. Nel giro di poche settimane, gli attacchi di Israele in Libano hanno privato la Repubblica Islamica delle milizie di Hezbollah, ammansito gli Houthi nello Yemen e adesso hanno di riflesso provocato la fine della dittatura siriana dopo oltre mezzo secolo. E la stessa Hamas in Palestina è fortemente indebolita.

Regime in Iran perde alleati e soldi

La questione per il regime dell’Iran è al contempo geopolitica e finanziaria.

La sua sfera d’influenza nel Medio Oriente si è improvvisamente sgretolata, anziché espandersi. Gli resta solamente l’Iraq, che non sta entrando direttamente in conflitto con Israele. Ma il contraccolpo rischia di diventare pesante anche sul piano economico. L’ex deputato iraniano Bahram Parsaei ha chiesto nelle scorse ore conto su un “debito di 30 miliardi di dollari” contratto dalla Siria verso il suo Paese.

Sussidi per l’energia insostenibili

Non si è trattato di un vero prestito, quanto di consegne di petrolio per la media di 75-80.000 barili al giorno, pari a qualcosa come 2-2,5 miliardi di dollari in un anno. Una montagna di passività per Damasco, che si è andata accumulando certamente fino alla fine dello scorso mese, quando risultano essere state concordate consegne. Denaro che è probabile non sarà restituito dal nuovo regime siriano di Mohammed al-Jolani. Esso avrà buon gioco a dichiarare il debito contratto non per il benessere del popolo. A parte il fatto che ammonterebbe a circa tre volte il Pil siriano. Impossibile da onorare.

La Siria è un’economia produttrice di petrolio. Prima della guerra civile, iniziata nel 2011, ne estraeva circa 400 mila barili al giorno. Adesso, meno di 100.000. Considerate le enormi esposizioni finanziarie anche verso Hezbollah, Houthi e altre formazioni paramilitari nell’area, le casse del regime in Iran si sono dissanguate per nulla.

E la situazione si è fatta critica. Il presidente Masoud Pezeshkian ha fatto presente in un discorso televisivo di inizio mese che i sussidi per il carburante non sono più sostenibili. Costano 130-140 miliardi di dollari all’anno, una cifra che corrisponde al 30% del Pil.

Carburante quasi gratis

Numeri drammatici, che si spiegano con la necessità per lo stato di mantenere la calma sociale offrendo ai cittadini prezzi ridicoli per fare benzina. Un litro costa 80.000 rial, qualcosa come meno di 2 centesimi di dollaro al cambio ufficiale. Se teniamo conto del cambio al mercato nero, fanno 0,11 centesimi. In pratica, il carburante è gratis. Per cercare di ridurre i costi a carico dello stato sono state previste limitazioni quantitative mensili per ciascuna categoria. Ma la verità è che il regime in Iran sa perfettamente che non può permettersi di inimicarsi la popolazione, quando già ha contro gran parte del mondo.

Nel 2019, la triplicazione del prezzo alla pompa scatenò proteste violente. L’inflazione è già al 35% e proprio le stamperie monetarie per finanziare i sussidi, ha spiegato lo stesso presidente, contribuiscono a tenerla alta, danneggiando i redditi più bassi. Nel frattempo, il deficit di bilancio quest’anno sfiorerà il 6% del Pil. Il peggio arriverebbe nel caso in cui l’amministrazione Trump ottenesse che le sanzioni contro il regime in Iran fossero implementate e non più raggirate dagli altri stati, Cina in primis. A rischio ci sono le esportazioni di petrolio, salite a una media di 1,5 milioni di barili al giorno. Tengono in vita l’economia domestica, che per il resto esporta ben poco. Anche solo una discesa delle quotazioni internazionali accrescerebbe la pressione sul Paese.

Inflazione vera minaccia a regime in Iran

Lo stesso cambio svela quanto sia profonda la crisi. A fronte di un tasso ufficiale di 42.100.

000 rial per 1 dollaro, al mercato nero ci vogliono 725.500.000 rial. Se il regime in Iran ridimensionasse i propri piani velleitari per esportare la rivoluzione islamica, le spese militari scenderebbero e con esso il deficit e l’inflazione, oltre al fatto che le sanzioni probabilmente verrebbero ammorbidite. Ma è difficile che l’ayatollah Khamenei, vero detentore del potere politico a Teheran, accetti passivamente la sconfitta. Ecco che il taglio dei sussidi all’energia diventa una necessità per ridurre il disavanzo fiscale e stabilizzare i prezzi al consumo. Ma esso passerebbe paradossalmente per un aumento temporaneo dell’inflazione, minaccia ancora più grave del nemico esterno statunitense per la sopravvivenza dell’establishment clerical-militare.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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