Rendimenti di BOT e BTP a picco. Cosa significa? Vale la pena ancora investire?

Gli ultimi collocamenti dei BoT e dei BTp confermano il calo dei rendimenti, nonostante il peggioramento dei fondamentali italiani. I bassi tassi implicano anche un'inflazione attesa molto contenuta e, addirittura, una fase di deflazione a breve termine.
10 anni fa
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Ieri, il Tesoro ha tenuto la prima asta dell’anno, collocando BoT annuali al rendimento minimo storico dello 0,243%. Oggi è stata la volta dei titoli a più lungo termine. Sono stati piazzati BTp a tre anni al rendimento medio lordo dello 0,61% per 3 miliardi di euro e 1,5 miliardi in titoli a 15 anni al 2,46% medio. Il tutto, mentre i nostri decennali rendono appena l’1,76%, mostrando un differenziale con i Bund di 130 punti base. In sostanza, i titoli a 10 anni emessi da Berlino rendono lo 0,46%.

Se pensiamo che solamente un anno fa pagavamo oltre il 4% per i BTp decennali, capiamo subito che il momento che stiamo vivendo è particolarissimo. Non si è mai verificato prima in questi termini e mai potrebbe più ripetersi.   APPROFONDISCI – Conferenza stampa Draghi: inflazione e tassi bassi a lungo. Rischi dalle tensioni con la Russia  

L’anomalia dei tassi

Le casse statali beneficiano del crollo dei rendimenti, perché il governo può rifinanziare il debito in scadenza a costi quasi azzerati, potendone anche allungare la durata media. Al contempo, però, la distorsione sui mercati è palese. Un’economia che vanta il secondo debito pubblico più alto in Europa, rispetto al pil, dopo la Grecia, il terzo al mondo, tra le economie sviluppate, dopo Giappone e Grecia, al contempo registra rendimenti quasi nulli per le scadenze a breve termine e fin troppo bassi per quelle a medio-lungo termine.   APPROFONDISCI – La Bundesbank ammonisce Draghi: i tassi BCE sono troppo bassi   Se consideriamo il BTp a 10 anni, il suo rendimento netto sarebbe intorno all’1,5%, del tutto pari al livello medio  presumibile dell’inflazione, da qui ai prossimi 10 anni, pur mettendo in conto una fase ancora da vivere di prezzi sostanzialmente fermi e magari in lieve calo per i prossimi mesi.

Inflazione attesa

  Potremmo desumere l’inflazione attesa dal mercato per il prossimo decennio dal confronto tra i rendimenti dei titoli legati all’inflazione europea e quelli a cedola fissa.

Ebbene, i BTp con scadenza 15 settembre 2026 e con cedola del del 3,1% viaggiano attualmente a un rendimento dell’1,25%, di poco inferiore a quello dei decennali sul mercato secondario per una scadenza sostanzialmente omologa. In pratica, il mercato starebbe scontando un’inflazione europea intorno allo 0,3% annuo per i prossimi 10-12 anni. E le cose non cambiano, se si prende a riferimento un orizzonte più breve. I titoli indicizzati all’inflazione italiana, i BTp Italia con scadenza novembre 2017, rendono lo 0,82%, due decimali in più di quelli appena emessi dal Tesoro. Come dire che ci si aspetta una lieve deflazione da qui ai prossimi tre anni, mediamente dello 0,2%.   APPROFONDISCI – Rendimenti BTP ancora più giù. Lo stato risparmia, ma cosa rischia l’investitore?  

I rischi

Riassumendo, gli investitori si aspettano un’inflazione “fredda” nei prossimi anni e sono disposti, quindi, ad accettare rendimenti sempre più bassi, anche se appare inverosimile che l’Italia registri una crescita dei prezzi così infima a lungo. Da qui, l’evidente distorsione, in verità, provocata dall’attesa del vero del QE da parte della BCE. Non si capirebbe altrimenti perché fino a un paio di mesi fa i nostri decennali rendessero intorno al 2,4-2,5% e oggi si attestano 7-8 decimi di punto in meno, quando l’inflazione nel frattempo è pure risalita, seppure di poco.   APPROFONDISCI – Asta BTP, rendimenti ai nuovi minimi record. La bolla dei bond è più forte della realtà   Una cosa appare certa. La compressione dei tassi potrà proseguire, anche se non sarà accentuata. A questi livelli, se i mercati hanno sottostimato l’inflazione attesa nel medio-lungo termine, non sembra consigliabile l’acquisto dei titoli del debito sul mercato secondario, perché trattano sostanzialmente sopra la pari e si rischia così di imbattersi in perdite, sia nel caso di rivendita che di mantenimento fino alla scadenza.

Vale la pena, a questo punto, attendere che il mercato dei tassi si normalizzi, prima di tornare ad acquistare bond governativi, anche se ciò richiederà ancora anni.   APPROFONDISCI – Il mercato crede al QE di Draghi e spinge i rendimenti all’asta BTP ai minimi di sempre      

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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