Perché i rendimenti giapponesi a 10 anni sopra l’1% sono una cattiva notizia per noi

Rendimenti giapponesi sopra l'1% per i bond a 10 anni, ai massimi dal 2011. Una cattiva notizia anche per noi europei.
7 mesi fa
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Bond giapponesi a tasso variabile
Bond giapponesi a tasso variabile © Licenza Creative Commons

La fine dei tassi negativi era stata formalmente decretata a marzo, quando la Banca del Giappone alzò il costo del denaro da -0,10% a +0-0,10%. Da tempo, comunque, i mercati si muovevano in tale direzione, richiedendo all’istituto di innalzare per due volte in pochi mesi il tetto ai rendimenti giapponesi sul tratto decennale. Adesso, anche la soglia massima dell’1% è stata infranta, evidentemente con il benestare del governatore Kazuo Ueda. Il bond a 10 anni ha chiuso la seduta offrendo l’1,06%, mai così tanto da tredici anni a questa parte.

E’ la fine di una lunga era di denaro abbondante e sottocosto.

Rendimenti giapponesi negativi in termini reali

Certo, se si considera che l’inflazione nel Sol Levante sia ancora al 2,5%, nei fatti i rendimenti giapponesi restano profondamente negativi in termini reali. Ma non solo il trend appare chiaro, c’è anche da dire che senza il sostegno al comparto obbligazionario da parte della banca centrale, il rialzo sarebbe con ogni probabilità ben più marcato.

Cresce concorrenza ai bond europei

La risalita dei rendimenti giapponesi sopra la soglia simbolica dell’1% è un fatto che non riguarda solamente Tokyo, tant’è che ne scriviamo da tempo. Esso assume una connotazione negativa per noi europei, ma anche per gli americani. Per tanti anni il Giappone ha tenuto i tassi sottozero e acquistato bond in grandi quantità per iniettare liquidità sui mercati e cercare di stimolare l’inflazione. In conseguenza di ciò gli investitori nipponici si sono spostati in Europa e Nord America, dove hanno potuto e continuare a potere impiegare i loro capitali a tassi più alti.

Anche per questo la domanda di bond sui mercati avanzati è stata sempre alta. Centinaia di miliardi di dollari sono arrivati da Tokyo per essere messi a disposizione di governi, aziende e banche. Abbiamo così potuto rifinanziare i nostri debiti o emetterne persino di nuovi a costi molto bassi.

Poi è arrivata l’inflazione a porre fine all’idillio. Le banche centrali hanno dovuto alzare i tassi di interesse, il denaro è diventato meno facile e indebitarsi è diventato più costoso. Ma sinora la domanda da Tokyo non è venuta meno, dato che i rendimenti giapponesi rimangono bassissimi.

Taglio dei tassi Fed si allontana

Anche questo dato sta cambiando e inevitabilmente impatterà sul mercato obbligazionario di Europa e Nord America, ceteris paribus. C’è il rischio che il taglio dei tassi tanto atteso abbia effetti meno positivi di quanto pensiamo sul piano dei costi di emissione. E c’è da aggiungere che il fatto che i rendimenti giapponesi salgano, sia la spia di quanto non appaia affatto scontato l’allentamento monetario della Federal Reserve da qui ai prossimi mesi. In altre parole, c’è pressione sui bond del Giappone per il semplice motivo che il mercato crede che i rendimenti americani resteranno alti per ancora un po’. E ciò impatta anche il mercato europeo.

Debito in Giappone altissimo

Il caso del Giappone pone in evidenza un altro aspetto. Il Sol Levante detiene il più alto debito pubblico al mondo, sopra il 260% del Pil. E’ stato ad oggi preso a modello da chi ritiene che uno stato che batte moneta sovrana non possa mai fallire, riuscendo a “stamparsi” tutta quella che le serve per ripagare i debiti. Ma la realtà non è mai stata così semplice. Tokyo è da quasi due anni dinnanzi a un bivio: lasciare i tassi a livelli infimi per mantenere la spesa per interessi sotto controllo e continuare a stimolare l’economia o alzarli per contrastare l’inflazione sopra il target.

Rendimenti giapponesi più alti per frenare i deflussi dei capitali

Nel primo caso, in gioco vi è la stabilità del cambio. Lo yen è effettivamente collassato, essendo più conveniente per gli investitori portare i capitali altrove per ottenere rendimenti maggiori.

Se il cambio precipita, però, il costo dei beni importati aumenta e l’inflazione sale. Ecco perché la banca centrale è costretta a tollerare rendimenti giapponesi più alti. E’ un modo per cercare di frenare i deflussi dei capitali e rafforzare lo yen, guadagnando tempo prezioso prima che la Fed si decida a tagliare i tassi. Questo sta già imponendo al paese la necessità di limitare i deficit di bilancio per evitare una crisi fiscale con l’aumento della spesa per interessi. Come vedete, i faciloni dell’indebitamento facile sono stati smentiti.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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