Ancora uno scossone per il mercato obbligazionario mondiale. E’ arrivato dal Giappone ieri, quando la banca centrale ha annunciato il raddoppio della banda di oscillazione per i rendimenti decennali allo 0,50% attorno allo zero. Al contempo, sono stati aumentati gli acquisti dei bond da 55 a 67 miliardi di dollari al mese, ma nei fatti è come se Tokyo avesse effettuato un mini-rialzo dei tassi d’interesse. Il decennale si è subito portato al limite della nuova soglia dello 0,50%, mentre lo yen si apprezzava del 3% contro dollaro ed euro.
Il rendimento a 2 anni viaggia in queste ore verso lo zero percento. La Banca del Giappone fissò nel settembre 2016 il riferimento attorno a -0,10%. La scadenza offre di più di tale livello oramai da oltre quattro mesi. I rendimenti negativi quasi non esistono più. E questa segna la fine di un’epoca per l’intero mercato obbligazionario mondiale.
Nel decennio pre-Covid, accadde qualcosa che era immaginabile solo in teoria, ovvero che chi prestava denaro allo stato – in alcuni casi, persino alle imprese – non solo non ricevesse alcun guadagno, ma che arrivasse a rimetterci. Viceversa, chi s’indebitava restituiva al creditore meno denaro di quanti ne avesse ricevuto, includendo le cedole. Un mondo alla rovescia, che culminò alla fine del 2020 con una massa di oltre 18.000 miliardi di dollari di bond con rendimenti negativi.
Fine rendimenti negativi con inflazione
Sembrava che quel mondo non dovesse finire mai. Invece, bastò l’arrivò dell’inflazione per rimettere le cose a posto. Fino a un anno fa, i titoli di stato tedeschi offrivano rendimenti negativi lungo l’intera curva, vale a dire fino ai 30 anni. Oggi, neppure sulle scadenze a brevissimo termine. Un netto miglioramento per gli obbligazionisti, pur a fronte di rendimenti reali diventati ancora più negativi con il boom dell’inflazione.
Il Giappone restava l’ultima patria dei rendimenti negativi per la semplice ragione che la sua banca centrale è stata ed è ancora oggi formalmente l’unica tra le grandi a non avere alzato i tassi d’interesse. In effetti, l’inflazione nipponica risulta relativamente contenuta (3,7% a ottobre). Ma lo yen è sprofondato ai minimi dal 1998 tra settembre e ottobre, rendendo necessario l’intervento del governatore Haruhiko Kuroda sul mercato forex. Non a caso, dopo l’annuncio di questa settimana il cambio continua a rafforzarsi.
Può benissimo accadere che, cessato il mandato di Kuroda in aprile, il successore inizi ad alzare i tassi in via ufficiale. E’ quanto il mercato va scontando da qualche giorno. Considerato che ciò avverrebbe mentre Federal Reserve e Banca Centrale Europea si accingerebbero a cessare la rispettiva stretta monetaria, sarebbe un tonificante per lo yen. Allo stesso tempo, il rientro di molti capitali in fuga nei mesi passati calmiererebbe il rialzo dei rendimenti sovrani sul tratto lungo della curva. Ma un ritorno ai rendimenti negativi appare improbabile nel nuovo, vecchio mondo che si prospetta.