Ieri pomeriggio, il BTp a 10 anni offriva un rendimento lordo alla scadenza del 4,26%. Mentre scriviamo, vale a dire meno di un giorno dopo, rende sotto il 4,12%. Lo spread con il Bund di pari durata si è ristretto di poco, scendendo da 187 a 184 punti base. Ne consegue che ad essere diminuito è stato anche il rendimento del decennale tedesco. E questo trend è avvenuto mentre dalla Banca Centrale Europea (BCE) continuano ad arrivare segnali “hawkish”, di ulteriori rialzi dei tassi d’interesse anche dopo il board di marzo.
Il governatore della Federal Reserve, Jerome Powell, partecipando a un convegno economico ha spiegato l’altro ieri che il target d’inflazione del 2% negli Stati Uniti sarà probabilmente centrato “entro un paio di anni”. Ha spiegato che il processo potrebbe rivelarsi un po’ più lento di quanto stimato da alcuni analisti, anche perché il mercato del lavoro resta solido, conseguenza di “un’economia americana forte”. Tuttavia, ha anche affermato che “il processo di disinflazione è iniziato”. Tanto è bastato ai più per desumere dal suo discorso che la stretta sui tassi FED sarebbe prossima alla conclusione.
BTp a 10 anni in balia delle attese
Il mercato lancia segnali non chiari sul punto. Da un lato il dollaro arretra contro le principali valute mondiali, dall’altro i futures sui tassi d’interesse consolidano l’ipotesi di un apice entro metà anno al 5,25%. Mancherebbero due rialzi da un quarto di punto percentuale ciascuno prima che Powell dichiari cessata o sospesa la stretta. Ma la riduzione del bilancio dell’istituto, ha spiegato, potrebbe impiegare un paio di anni ancora. Non ci saranno vendite di T-bond e bond coperti da garanzie immobiliari, ha aggiunto, semmai questi titoli non saranno rinnovati alla scadenza (“tightening passivo”).
Il BTp a 10 anni sta beneficiando del ritorno agli acquisti obbligazionari dopo il discorso di Powell. A guardare l’andamento complessivo del mercato, sembrerebbe che almeno parte degli investimenti di queste ore arrivino da Oltreoceano. Ciò spiegherebbe il rafforzamento del cambio euro-dollaro e la risalita dei prezzi dei bond europei. Con una FED percepita un po’ più “dovish”, i rendimenti italiani sopra il 4% tornano a fare gola. Ma abituiamoci anche per i prossimi 2-3 mesi a frequenti e repentini cambi di direzione. I mercati sono a caccia di parole che confermino il loro desiderio di una svolta monetaria. Queste a volte sembreranno assecondarlo, altre no. E i bond faranno un passo avanti e dopo un passo indietro, fino a quando le banche centrali non parleranno con i fatti.