Venerdì scorso, il Bund a 10 anni ha offerto un rendimento in area 2,50%. Non si vedeva così alto da oltre undici anni. Per l’esattezza, dovremmo andare indietro al luglio del 2011 per trovarne uno più elevato. E questo dato ci riporta indietro nel tempo a una fase drammatica per i titoli di stato italiani. L’estate del 2011 segnò l’avvio dell’attacco speculativo dei mercati finanziari contro l’Italia. Per la verità, allora nel mirino era finita anche la Spagna. I salvataggi internazionali di Grecia, Irlanda e Portogallo impressionarono gli investitori, che scommisero sul crac degli altri paesi dell’Area Euro in affanno sul debito.
Ci sono vistose differenze e similitudini tra il Bund a 10 anni di oggi e quello di allora. A parità di rendimento, i tassi di riferimento della BCE erano al tempo stati innalzati proprio quel mese a livelli appena più alti di quelli odierni: 1,50% contro 1,25%. Anche se questa settimana con ogni probabilità saranno portati al 2%. Tuttavia, mentre l’inflazione tedesca a settembre è salita al 10%, nel luglio 2011 era al 2,1%, sostanzialmente in linea con il target BCE.
Praticamente identico, invece, il rendimento reale del Bund a 10 anni. Oggi come allora, si situa a poco meno dello 0,20%. Esso si ottiene dalla differenza tra il rendimento nominale e l’inflazione attesa per il prossimo decennio in Germania. E la segnala il Bundei aprile 2033, vale a dire il bond indicizzato.
Rischi per BTp da Bund a 10 anni al top dal 2011
Perché il Bund a 10 anni è salito a rendimenti così elevati per la sua storia recente? Proprio per l’inflazione altissima di questi mesi, la quale costringe la BCE ad alzare i tassi d’interesse e a tagliare gli stimoli monetari. Non solo ha cessato nel giugno scorso di comprare bond con il “quantitative easing” (QE) dopo avere cessato a fine marzo anche gli acquisti realizzati con il PEPP; tra pochi mesi, si specula, ridurrà anche i reinvestimenti con il QE.
Il Bund a 10 anni è un benchmark, riferimento dell’intera unione monetaria per indicarne le condizioni monetarie. D’altra parte, il T-bond a 10 anni degli USA ha oltrepassato la soglia del 4,25%, salendo ai massimi dal 2007. Lo spread Treasury-Bund, pur in misura decrescente con l’allungarsi delle scadenze, capta l’evoluzione attesa per il cambio euro-dollaro. Ed esso risulta essere al momento di circa l’1,75%. In altre parole, se il rendimento americano s’impenna, inevitabilmente dovrà salire anche quello tedesco.
Il boom dei rendimenti americani risente a sua volta del rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve contro l’inflazione alta. E la BCE non potrà che inseguire, dato che il cambio euro-dollaro è precipitato ai minimi dal 2002 sotto la parità. Condizioni monetarie più restrittive denotano un rischio sovrano più alto a carico del debito pubblico italiano. Ed è questa la ragione per cui lo spread BTp-Bund sale da mesi. E con un Bund a 10 anni diretto verso il 3%, il nostro decennale rischia presto di arrivare al 5,50%.