Leadership di Renzi vacilla
Renzi spererebbe in cuor suo che anche i Dario Franceschini lasciassero il PD, in modo da avere presa totale sul partito, gestendolo ancora di più a sua immagine e somiglianza. Per riuscire nell’obiettivo, dovrà accrescere la sua indisponenza, intensificare gli attacchi personali e politici contro “alleati” interni e minoranze, spingendo fuori dalla porta con la forza dei numeri chi non condividesse la propria linea, seguendo Bersani&Co a sinistra o aggregandosi ai rimasugli centristi presenti in Parlamento.
Che questa strategia possa essere portata avanti all’infinito appare improbabile. Il PD non è in fase di ascesa nei consensi, bensì in discesa, mentre sul piano politico si mostra un soggetto solitario e sempre meno di centro-sinistra, generando disorientamento tra la base, i cui connotati “ideologici” sono praticamente inesistenti. La scommessa renziana di creare il vuoto attorno a sé e di fare fuori ogni tipo di opposizione interna ha pagato fino a quando il PD sembrava avvantaggiarsene, ma adesso che il centro-destra è in ripresa e che Silvio Berlusconi sembra intenzionato a giocare la sua partita al centro, sono in tanti e sempre più numerosi a prevedere il rischio di perdere fette di elettori nel centro-sinistra, senza guadagnarne dall’altra parte. (Leggi anche: Berlusconi risorge ancora e stavolta grazie a Renzi)
Matteo Renzi non sarà eliminato con primarie, perché a maggior ragione che oggi il PD è semplicemente il suo partito, appare inverosimile che qualcun altro dall’interno riesca a sovrastarlo nei consensi. Il declino definitivo della sua leadership avverrebbe in Parlamento, quando le pattuglie di parlamentari, che pure dovranno per la gran parte a lui l’elezione, si renderanno conto di essere guidate da un generale senza meta, che insegue la sola bussola del ritorno al governo con chicchessia. Saranno gli smottamenti alla Camera e al Senato a decretarne forse la fine come leader politico.