Elezioni presidenziali nella Repubblica Democratica del Congo. Ieri, 44 milioni di cittadini sono stati chiamati alle urne su una popolazione complessiva di circa 100 milioni di abitanti. Non tutti hanno potuto votare, tuttavia. Si stima che 1,5 milioni di persone non si siano potute registrate a causa del conflitto che sta devastando la parte orientale del paese africano. Decine di gruppi di ribelli si contendono il controllo del territorio ricco di materie prime. Per questo, oltre che per numerosi ritardi registrati ai seggi, sarà possibile votare anche nella giornata di oggi.
Il presidente uscente Félix Tshisekedi è favorito per la vittoria. Contro di lui una ventina di candidati di scarso peso. Solo l’ex governatore della provincia del Katanga, Moise Katumbi, sarebbe in grado di impensierirlo. La candidatura gli fu impedita nel 2018 dal governo di Joseph Kabila. La Chiesa Cattolica, che ha una certa influenza nel paese, denunciò brogli a favore di Tshisekedi.
Economia congolese tra le più povere al mondo
La Repubblica Democratica del Congo, da non confondersi con il Congo con cui confina ad ovest, si trova praticamente al centro dell’Africa e possiede tutte le caratteristiche per essere un’economia ricca. Invece, versa nella miseria a causa di conflitti interni, tensioni con stati confinanti come il Ruanda e cattiva gestione delle risorse. Tshisekedi vorrebbe porre fine a tutto questo, anche se durante il suo primo mandato ha ottenuto risultati scarsi.
Il primo anno al potere è stato caratterizzato dal crollo dei prezzi delle materie prime e da un’epidemia di Ebola. Poi è arrivato il Covid. Finalmente, però, il PIL ha avuto un sussulto nel 2022, quando è salito dell’8,50%. Resta il fatto che sia di appena 59 miliardi di dollari, per cui il PIL pro-capite risulta essere ancora inferiore ai 600 dollari. La Repubblica Democratica del Congo figura nelle classifiche internazionali tra le economie più povere del pianeta, al 176-esimo posto su 189 paesi.
Sottosuolo ricchissimo di materie prime
Numeri da mettere i brividi. La situazione è gravissima e i miglioramenti troppo lenti per consentire una svolta. Eppure questo paese possiede 80 milioni di terreni coltivabili e, contrariamente a quanto possiamo pensare, beneficia di piogge così abbondanti da poter sfamare 2 miliardi di persone, un quarto del pianeta. Cos’è che andato storto? A parte il disastro ereditato dal colonialismo, dall’indipendenza del 1960 non c’è stato un adeguato sfruttamento delle risorse. Il sottosuolo della Repubblica Democratica del Congo possiede materie prime stimate per un controvalore di 24.000 miliardi di dollari. Avete letto bene: oltre dieci volte il PIL italiano e il 90% del PIL statunitense!
Tuttavia, queste materie prime sono poco sfruttate. E il ministro delle Finanze, Nicolas Kazadi, ha accusato il Ruanda di favorire il traffico di estrazioni illegali per 1 miliardo di dollari all’anno, non poco per le scarne dimensioni economiche del paese. Accuse respinte nettamente da Kigali, accusata anche di volere interferire negli affari interni congolesi. Tra i progressi degli ultimi tempi, comunque, abbiamo le estrazioni di rame. Sono salite a 2,2 milioni di tonnellate nel 2022, pari al 10% della produzione mondiale. E le riserve di cobalto ammontano a 4 milioni di tonnellate, le più alte al mondo. Inoltre, prima della pandemia si stimò che dal sottosuolo congolese provenisse il 40% del coltan mondiale.
Congo fondamentale per la transizione energetica
Queste sono materie prime indispensabili per la transizione energetica. Questa economia emergente allo stato primordiale e considerata marginale dai potenti della Terra custodisce possibilmente il segreto per il successo nella corsa al “green” delle grandi economie. Sotto Tshisekedi, la Repubblica Democratica del Congo si è avvicinata agli Stati Uniti e ha cercato di mitigare il potere economico che la Cina negli anni passati si era ritagliata, entrando nel business dello sfruttamento minerario in cambio di investimenti infrastrutturali.
La campagna elettorale del presidente è stata caratterizzata da toni nazionalisti, tesi a rimarcare la difesa della sovranità dalle interferenze dei vicini tramite i candidati avversari. Egli sostiene che vi sia una parte del paese a spingere per rendere l’economia domestica meno attrattiva per gli investitori stranieri. E forse non ha torto, se pensiamo alla guerriglia ad est per il controllo dei territori al confine con il Ruanda. Ed è probabile che questo sarà l’ingrediente fondamentale della sua riaffermazione elettorale. Molti elettori gli hanno concesso il bis per le sue origini congolesi “pure” e per essere considerato un baluardo contro le interferenze straniere. Sperando che queste speranze si traducano al più presto in sviluppo economico e calo visibile della povertà diffusa.