Spesso si tende a fare confusione tra residenza anagrafica e residenza fiscale. In alcuni casi i due concetti coincidono, mentre in altri casi sono due cose distinte. Individuare in quale Paese (nazione) un soggetto ha la propria residenza fiscale è di fondamentale importanza in quanto da ciò dipenderanno le tasse e le imposta da pagare. Oltre che le modalità di presentazione della propria dichiarazione redditi.
Quella anagrafica, si riferisce al luogo dove una persona ha la propria dimora abituale, ovvero dove vive di fatto la maggior parte del tempo.
I requisiti
Come anticipato, le due residenze possono coincidere, ma ci sono casi in cui differiscono. Ciò avviene per esempio, quando una persona lavora e vive per gran parte dell’anno in un paese diverso da quello in cui ha la residenza anagrafica.
In dettaglio, in base alla legislazione vigente (art. 2 TUIR), una persona si considera fiscalmente residente in Italia, quando rientra in uno dei seguenti casi:
- è iscritta nelle anagrafi della popolazione residente per la maggior parte del periodo d’imposta;
- non è iscritta nelle anagrafi, ma hanno nello Stato il domicilio per la maggior parte del periodo d’imposta. A tal proposito si ricorda che il domicilio di una persona è il luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi (art. 43 c.c.);
- non è iscritta nelle anagrafi ma ha nello Stato la residenza per la maggior parte del periodo d’imposta. La residenza, ricordiamo, è il luogo in cui la persona ha la dimora abituale (art. 43 c.c.).
La residenza fiscale, servono almeno 183 giorni
Al fine di individuare, dunque, chi ad esempio nell’anno d’imposta 2023 (Dichiarazione redditi 2024) deve considerarsi residente fiscalmente in Italia e, quindi, pagare qui le imposte (IRPEF, ecc.) ci si deve soffermare sul concetto “maggior parte del periodo d’imposta”.
Per tale si intende un numero di giorni pari ad almeno 183, ovvero 184 per l’anno bisestile. Dunque, per l’anno d’imposta 2023 è fiscalmente residente in Italia la persona che, per almeno 183 giorni, rientra in uno dei casi di cui al paragrafo precedente.
Per il concetto in questione, nelle ipotesi in corso d’anno (nascita o decesso), per maggior parte del periodo d’imposta si intende “oltre la metà del periodo intercorrente tra l’inizio dell’anno e il decesso o la nascita e la fine dell’anno”.
Con la Circolare n. 25/E del 18 agosto 2023, l’Agenzia Entrate ha anche chiarito che i criteri di radicamento della residenza fiscale restano quelli previsti dall’articolo 2 del TUIR (come illustrati nel precedente paragrafo) anche laddove si svolge attività lavorativa in smart working.
Riassumendo…
- residenza anagrafica e residenza fiscale non sempre coincidono
- la residenza anagrafica si riferisce al luogo dove una persona ha la propria dimora abituale
- la residenza fiscale è individuata in funzione di diversi criteri
- la residenza fiscale è importante per sapere dove, ossia in quale Paese, deve pagare le imposte e le tassi sui propri redditi.