La riforma delle pensioni potrebbe davvero avere un effetto contrario rispetto a quello che molti lavoratori si aspettavano. Le proposte per superare la riforma Fornero continuano a prevedere peggioramenti della situazione attuale. Oggi analizziamo ciò che i legislatori stanno valutando riguardo alla pensione di vecchiaia. La stranezza è che, man mano che passano i giorni, anche le misure ordinarie, che sembravano inviolabili, potrebbero essere modificate.
La pensione di vecchiaia, infatti, è e resta il principale strumento previdenziale italiano. Questa misura consente il pensionamento a 67 anni di età con 20 anni di contribuzione previdenziale versata, senza distinzioni di genere o variazioni in base al lavoro svolto.
Restare a lavorare con incentivi: la nuova riforma delle pensioni che allontana il pensionamento
Il CNEL, il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, un pool di esperti di diversi settori, ha il compito di predisporre una proposta di riforma del sistema pensionistico. In vista della prossima legge di Bilancio, è probabile che dal CNEL esca una proposta che potrebbe portare a un inasprimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia. Pare infatti che si stia considerando un aumento di 5 anni sia per l’età pensionabile sia per i contributi necessari.
In pratica, serviranno 5 anni in più per accedere alla pensione di vecchiaia, e chi non avrà maturato 25 anni di contributi dovrà rimandare il pensionamento oltre i 67 anni. Uno scenario ipotetico, per fortuna, perché si tratterebbe di un cambiamento radicale e peggiorativo.
Modifiche al sistema previdenziale: le nuove misure allo studio
Molti lavoratori già contestano duramente questa possibile novità, soprattutto quelli con carriere discontinue o spezzettate e le donne, che spesso sacrificano la carriera per la cura della famiglia. Queste categorie di lavoratori subirebbero il colpo peggiore da un simile inasprimento. Inoltre, chi svolge lavori pesanti sarebbe costretto a lavorare fino a 72 anni, un’ipotesi particolarmente gravosa per chi opera in settori come l’edilizia.
Tagli alle pensioni anticipate, premi a quelle posticipate: la nuova riforma
Secondo la proposta, si rischia che, invece di Quota 103, Ape Sociale e Opzione Donna, scadenti il 31 dicembre prossimo, venga introdotta una novità peggiorativa. La pensione a 67 anni con 25 anni di contributi potrebbe prevedere un importo minimo non inferiore a 1,5 volte l’assegno sociale valido nell’anno di uscita, un ulteriore peggioramento. Tuttavia, nella riforma ipotetica, si prospetta anche la possibilità di una uscita flessibile tra i 64 e i 67 anni, con penalizzazioni proporzionali all’età di uscita rispetto ai 67 anni.
Secondo il CNEL, si dovrebbero modificare i coefficienti che trasformano il montante contributivo in pensione. Oggi questi coefficienti sono 15 e vanno dai 57 ai 71 anni. Inserendo la flessibilità di uscita tra i 64 e i 72 anni, i coefficienti diventerebbero 9. Sarà necessario capire come queste modifiche influenzeranno le penalizzazioni per chi sceglie di andare in pensione prima dei 67 anni.
Nuovi coefficienti e premi per chi resta al lavoro oltre l’età pensionabile
I nuovi coefficienti dovranno anche prevedere una sorta di premio per chi rimanda l’uscita oltre i 67 anni. Strutturalmente, uscire più tardi favorirà l’importo della pensione percepita. Una soluzione differente potrebbe essere quella introdotta per la Quota 103, dove chi, avendo maturato i requisiti, sceglie di restare al lavoro può richiedere all’INPS lo sgravio della contribuzione previdenziale a suo carico, ottenendo uno stipendio più alto durante gli anni di lavoro aggiuntivi.
Questa proposta è sostenuta anche da esperti come Alberto Brambilla e Antonietta Mundo del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali. Per loro, le nuove misure non devono avere costi troppo elevati per le casse dello Stato. Alla luce dell’aumento della vita media, aumentare i contributi necessari sembra una soluzione necessaria per ridurre il periodo in cui un lavoratore riceve la pensione. E per, alleviare così la pressione sulle casse dello Stato e riducendo la platea dei potenziali nuovi pensionati.