Alcune spese, se sostenute dal figlio che resta a vivere con i genitori, potrebbero insospettire il Fisco, specie se suggeriscono la presenza di un reddito di lavoro non dichiarato correttamente. I controlli dell’Agenzia delle Entrate potrebbero scattare anche in caso contrario, ovvero quando sono i genitori che sostengono un acquisto, ma solo se questo risulta sproporzionato rispetto ai guadagni dichiarati. Il Redditometro, anche in questo caso, potrebbe rilevare un’incongruenza tra entrate e uscite e, per questo motivo, far partire l’accertamento.
Cosa si rischia allora?
Redditometro: cos’è e come funziona il controllo dell’Agenzia delle Entrate
L’art 22 DL n. 78/2010, modificando l’art 38 del DPR n. 600/73, ha disposto che l’Agenzia delle Entrate, per le attività di controllo, può procedere alla ricostruzione del reddito di ciascun contribuente mettendo a confronto il reddito dichiarato con le spese effettuate nell’anno. Così è nato il cd. “Redditometro“, usato per il controllo e la verifica dei redditi per gli anni che vanno dal 2009 a seguire.
In questo modo, i dati personali, presenti in Anagrafe Tributaria, nonché ottenuti tramite scambi di informazioni con altre autorità pubbliche e soggetti privati conformemente alla legge, vengono utilizzati per l’attività accertativa (e per l’eventuale e relativo contenzioso).
In particolare, il Fisco procede alla ricostruzione del reddito di ciascun contribuente, mettendo a confronto il reddito dichiarato rispetto alle spese certe come acquisti di beni immobili, di mezzi di trasporto, spese indicate nelle dichiarazioni per usufruire di deduzioni o detrazioni d’imposta e altre spese per beni e servizi. Sono considerate spese certe anche quelle ricavate dagli elementi certi (es. possesso di beni quali gli immobili, gli autoveicoli, le imbarcazioni, gli aerei, i cavalli, etc.). Una volta messe entrate e uscite a confronto, l’AE procedere a selezionare i contribuenti che sono risultati essere “a maggior rischio di evasione”. Solitamente il campanello d’allarme scatta nel caso in cui si riscontri uno scostamento tra il reddito dichiarato e le spese sostenute maggiore al 20%.
Restare a vivere con i genitori anche quando si lavora: perché scattano i controlli dell’Agenzia delle Entrate
Come specificato dall’Agenzia delle Entrate, gli accertamenti del Redditometro riguardano tutti i contribuenti della famiglia. Infatti, al fine di evitare la selezione di soggetti per i quali lo scostamento riscontrato trova giustificazione nei redditi dichiarati dai componenti dell’intero nucleo familiare. L’Amministrazione Finanziaria considera la composizione della famiglia indicata dal contribuente in dichiarazione, nella quale vengono riportati esclusivamente il coniuge e i figli o altri familiari fiscalmente a carico.
Pertanto, una volta effettuata la selezione del contribuente “a rischio” lo stesso viene invitato dall’Agenzia ad un confronto. In tale sede, innanzitutto il contribuente potrà rappresentare la reale situazione familiare (ad es. figli conviventi con reddito proprio) e chiarire le ragioni di tale scostamento. Per esempio, è possibile che si tratti di redditi che non era obbligato a dichiarare, disinvestimenti, risparmi accumulati negli anni precedenti. Tutto, però, deve essere dimostrabile.
All’Agenzia delle Entrate, inoltre, il contribuente può rivolgersi chiedendo di accedere ai propri dati personali, per verificarne l’utilizzo o eventualmente per correggerli o aggiornarli.
Accertamenti Agenzia delle Entrate: cosa rischia il figlio (lavoratore) che vive ancora con i genitori
Va da sé che, qualora dovesse emergere un reddito nuovo in famiglia, questo deve essere debitamente denunciato al Fisco. Se la famiglia ha sostenuto delle spese grazie all’aiuto del figlio, per esempio, la fonte di guadagno originaria deve essere precedentemente dichiarata.
Il figlio che lavora e vive ancora con i suoi genitori, quindi, può contribuire alle spese, senza andare incontro a sanzioni o verifiche. Il rischio, però, diventa concreto quando il reddito di lavoro è in nero o non tassato adeguatamente.
In caso di scostamento rilevato dal Redditometro, quindi, per evitare conseguenze fiscali è necessario che:
- il genitore dimostri che il maggiore reddito sia stato correttamente denunciato (in caso contrario deve dimostrare che si tratta di somme esenti da denuncia);
- il figlio accerti di aver contribuito alle spese (risultate maggiori delle entrate della famiglia) con un reddito (di lavoro) che risulta all’Agenzia delle Entrate.
Chi riceve la lettera dell’Agenzia deve attivarsi per evitare che le irregolarità riscontrate nella dichiarazione dei redditi diventino, successivamente, il motivo dell’emissione di un avviso di accertamento. Mettendosi in contatto con l’Agenzia è possibile chiarire subito la propria posizione, sia se non sono state commesse violazioni sia nel caso in cui si vogliano ottenere informazioni sulle modalità da seguire per regolarizzare in maniera agevolata errori e omissioni, sfruttando la possibilità di pagare sanzioni ridotte.
Reddito non dichiarato: le sanzioni a cui va incontro il contribuente
In caso di dichiarazione omessa, il contribuente va incontro a tutta una serie di conseguenze legali e sanzionatorie non indifferente. Nel caso specifico del figlio che vive con i propri genitori, se si tratta di reddito di lavoro non denunciato, alle sanzioni per lavoro nero si andranno ad aggiungere quelle fiscali.
Nello specifico, il contribuente dovrà pagare:
- in caso di presentazione di dichiarazione infedele, una sanzione pari al 100% della maggiore imposta o della differenza di credito;
- per omessa presentazione della dichiarazione con imposta dovuta, una multa pari al 120% con un minimo di 258 euro;
- in caso di presentazione di dichiarazione infedele avente oggetto redditi prodotti all’estero, una sanzione pari al 100% della maggiore imposta o della differenza di credito aumentata di 1/3);
- per omessa dichiarazione avente a oggetto redditi prodotti all’estero una multa pari al 120% dell’imposta, con un minimo di 258 euro, aumentata di 1/3.
Il Fisco definisce una dichiarazione “infedele” quando:
- indica un reddito imponibile inferiore di quello accertato;
- risulta un’imposta inferiore a quella dovuta;
- si gode di un credito superiore a quello spettante.
Il contribuente che riconosce correttezza degli esiti del controllo può regolarizzare la propria posizione pagando.