Restituzione Bonus Renzi: possibile rivalersi sul datore di lavoro che sbaglia?

Chi deve restituire il bonus Irpef, e cosa accade se il datore di lavoro continua erroneamente ad accreditarlo.
6 anni fa
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Un nostro lettore ci ha chiesto se, dopo aver comunicato al datore di lavoro la propria rinuncia al bonus Renzi, a fronte di un errore da parte dell’azienda che continua invece ad accredirarglielo, e dovendo poi restituire tale bonus, una parte di tale importo dovrebbe essere a carico del datore che ha commesso l’errore. Dunque se poteva rivalersi su questo errore e in che modalità poterlo fare.

Spettabile Quotidiano,
avrei bisogno di un’informazione riguardante la restituzione dell’art.1.
Ho mandato una comunicazione alla mia azienda a Marzo nella quale chiedevo di poter rinunciare agli 80 euro.
Nel mese successivo alla presa in carico, l’agenzia esterna che provvede alle buste paga ha erroneamente continuato ad accreditarmi il bonus Renzi anzichè togliermelo in un’ unica soluzione.
Ora mi trovo 2 mesi dopo a dover restituire l’intera somma compresa anche della mensilità erroneamente accreditata.
Avevo letto su un sito che, a fronte di un errore da parte dell’azienda, quella parte dell’importo sarebbe dovuta essere a carico di chi commetteva l’errore.
Volevo sapere quindi se posso rivalermi su questo errore e in che modalità poterlo fare

Con l’entrata in vigore del decreto-legge 24 aprile 2014, n.

66, il cosiddetto bonus Renzi, vengono introdotte misure finalizzate a “ridurre nell’immediato la pressione fiscale e contributiva sul lavoro”. Il decreto, successivamente contenuto nella Legge di stabilità 2015, prevede il riconoscimento, agli aventi diritto, di un credito d’imposta pari a 960 euro annui, non assoggettabili a reddito e ripartiti in 12 mensilità da 80 euro l’una.

Una delle più grandi criticità del bonus è il fatto di essere stato, forse proprio in virtù della natura della legge, emanata con decretazione d’urgenza, riconosciuto in via del tutto automatica a tutti i lavoratori dipendenti e ad alcune categorie di redditi assimilati, senza iniziale richiesta dei potenziali aventi diritto.

Tutto ciò, per ovvie ragioni, ha fatto sorgere non pochi problemi e perplessità su questo strumento. E’ compito di chi ha ricevuto il bonus preoccuparsi di verificare l’effettiva sussistenza dei presupposti alla base di questo credito ed, eventualmente, comunicarne la rinuncia e la restituzione di quanto impropriamente percepito. Vediamolo meglio, procedendo per gradi.

A chi spetta il Bonus Renzi?

Partiamo dal principio, definendo chi nè ha diritto. Come chiarito anche nel portale online dell’INPS, hanno diritto al credito Irpef, fino ad un massimo di 960 euro:

  •  i titolari di redditi da lavoro dipendente;
  • alcune categorie di titolari di redditi assimilati.

In entrambi i casi, i redditi:

  • non devono essere superiori a 26.600 euro;
  • non devono essere inferiori a 8.174 euro, “soglia della cosiddetta no tax area”.

Attenzione: per redditi compresi tra 24.600 e 26.600 euro, spetta un credito inferiore a 960 euro, e per calcolarlo bisogna fare un rapporto in cui al numeratore avremo la differenza del reddito massimo (26.600 euro) meno il reddito complessivo percepito (comunque superiore a 24.600 euro) x 960 e al denominatore 2.000.

Chiariamo quest’ultimo punto con un esempio:

Un lavoratore dipendente che durante tutto il periodo d’imposta percepisce un reddito complessivo di 25.000 euro, avrà diritto al c.d. bonus Renzi, ma in misura inferiore. In particolare, come riportato con il calcolo seguente, percepirà 768 euro annui, ripartito nelle 12 mensilità.

((26.600 – 25.000) x 960 )/ 2.000 = 768 euro.

Infine, tali redditi sono da considerarsi al netto del reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze.

Se tali presupposti non sussistono, o se sono venuti a mancare durante l’anno d’imposta in questione, bisogna darne comunicazione al proprio datore di lavoro e all’INPS, che provvederanno a non riconoscere più tale credito.

Cosa Faccio se dopo aver fatto comunicazione di rinuncia, il credito continua ad essere erroneamente erogato?

Se il c.d. bonus Renzi nonostante la tempestiva comunicazione da parte del lavoratore continua ad essere erroneamente erogato, occorrerà semplicemente rimborsare quanto erroneamente percepito, attraverso una delle seguenti modalità:

  • Rimborso integrale attraverso trattenuta nella busta paga del mese di dicembre dell’anno in questione;
  • Ove possibile, tale somma può essere, altresì, sottratta da un credito d’imposta già in essere in sede di mod. 730 o mod. Redditi; si pensi, ad esempio, a coloro che hanno maturato crediti d’imposta per detrazioni per spese mediche, ristrutturazioni edilizie o altro ancora.

Chi deve pagare eventuali sanzioni?

Un’eventuale sanzione irrogata da parte dell’Agenzia delle Entrate è sempre comminata al contribuente, al quale spetta l’onere di accertarsi dell’avvenuto adempimento degli obblighi previsti dalla normativa fiscale.

Solo in un secondo momento, il contribuente può rivalersi nei confronti del professionista, Caf o intermediario, qualora ne dimostri l’imperizia nella fase di compilazione del modello di dichiarazione dei redditi.

Conclusioni

In definitiva non sussiste nessuna causa che legittimi un eventuale rimborso del c.d. bonus Renzi da parte del datore di lavoro, il quale elaborando le buste paga mensili ha continuato ad accreditare il bonus.

Va da sè che, anche se tempestivamente comunicato dal lavoratore, la questione è facilmente risolvibile attraverso la restituzione di quanto percepito in eccesso nella successiva dichiarazione dei redditi.

Diverso è il caso in cui al contribuente pervenga una cartella di pagamento dopo aver comunicato al datore la rinuncia del bonus. In questo caso, pur rimanendo in capo al lavoratore l’obbligo del pagamento di tutte le somme non dovute oltre che a sanzioni e interessi, egli può sicuramente agire nei confronti del professionista al fine di riconoscerne l’imperizia e potendo ottenere il rimborso delle sole sanzioni e degli interessi dovuti.

Per approfondire è possibile leggere anche: Bonus 80 euro in busta paga: quali i motivi della restituzione

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