La pensione di vecchiaia ordinaria è la principale misure di pensionamento in Italia. Infatti è la misura che consente ai lavoratori di andare in pensione raggiungendo il limite anagrafico prestabilito che oggi e fino al 2026 è fissato a 67 anni. Serve anche una carriera minima fatta di 20 anni di contributi previdenziali versati. Ma molto importante da questo punto di vista è l’inizio dei versamenti, perché dal 1996 è entrato in vigore il sistema contributivo che ha cambiato le regole di calcolo degli assegni e in alcune circostanze anche le regole di pensionamento.
Cosa cambia tra retributivo e contributivo, ecco i chiarimenti
Oggi viviamo in un sistema ancora misto, visto che moltissimi pensionati quando vanno in pensione vengono trattati in parte con il sistema contributivo ed in parte con il sistema retributivo. Presto però tutti i lavoratori non potranno che andare in pensione con le regole contributive, sia come calcolo della pensione che come misure da sfruttare. Al momento però meglio approfondire le differenze tra i vari sistemi, perché molti ci chiedono proprio queste spiegazioni.
“Salve, volevo capire cosa cambierebbe nel momento in cui riscatto il periodo di servizio militare per la mia pensione futura. So che se riscatto questo periodo entro nel sistema retributivo, dal momento che dopo il militare ho iniziato a lavorare solo dal 1998 e non ho altri contributi previdenziali versati prima di tale data. Sono ancora lontano dalla pensione ma volevo iniziare a capire il da farsi, a partire dal portare dentro il mio estratto conto l’anno del militare.”
Meglio aspettare a riscattare contributi per chi è ancora lontano dalla pensione
Il nostro lettore parla di anno di servizio militare coperto dalla contribuzione figurativa che vale sia per il diritto che per la misura del trattamento pensionistico. La cosa da dire però è che lui per via di quell’anno di versamento cambia sistema.
Retributivo, contributivo e misto, ecco per le pensioni cosa bisogna capire dei vari sistemi
Come abbiamo detto, le regole di calcolo degli assegni previdenziali e le regole per lasciare il lavoro cambiano nel momento in cui un lavoratore entra interamente nel sistema retributivo, oppure se rientra interamente nel sistema contributivo. Quest’ultimo sistema entrò in vigore nel 1996. Da quel giorno è entrato in vigore il meccanismo che calcola le prestazioni previdenziali dei lavoratori in base al montante dei contributi cioè all’accumulo dei versamenti contributivi che hanno fatto durante la loro carriera lavorativa. Nel sistema retributivo invece le pensioni vengono calcolate in base alle ultime retribuzioni delle ultime buste paga cioè quelle degli ultimi 5 o massimo 10 anni. Dal punto di vista del calcolo delle pensioni il sistema retributivo è più vantaggioso per i lavoratori.
In effetti in passato c’era chi sul finire della carriera riusciva ad ottenere scatti di anzianità o scatti di livello in modo tale da aumentare il proprio salario ed aumentare quindi la pensione futura. Il sistema contributivo è stato introdotto perché evidentemente più equo.
Il sistema contributivo solo per chi non ha versamenti prima del 1996
Pur se basato sui contributi versati, anche nel sistema contributivo lo stipendio del lavoratore conta. Perché è in base allo stipendio che vengono versati i contributi con una percentuale per esempio del 33% nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FLPD).
In pratica il sistema contributivo per questi ultimi lavoratori si applica fino al 31 dicembre 1995 mentre quello contributivo si applica ai contributi versati dopo. A meno che alla data del 31 dicembre 1995 il lavoratore non abbia già maturato 18 anni di contributi versati. In questo caso il calcolo retributivo più vantaggioso si estende fino al 2012 e il contributivo si utilizza solo per gli anni successivi.
Calcolo della pensione differente, ma anche le regole di pensionamento, ecco a cosa prestare attenzione
Come dicevamo tra i sistemi possono cambiare anche le regole di pensionamento. Nette le differenze tra un sistema e l’altro e soprattutto tra il sistema contributivo e gli altri due sistemi. Ecco perché diciamo al nostro lettore di temporeggiare per verificare se esiste una certa convenienza a restare contributivo puro. Per esempio fosse andato in pensione oggi o l’anno venturo, esiste una misura che consente il pensionamento a 64 anni di età con soli 20 anni di contributi versati. Una misura però che vale solo per i contributivi puri. Si chiama pensione anticipata contributiva ed è una misura molto vantaggiosa. Ma si centra solo se la pensione liquidata alla data di decorrenza è pari a 2,8 volte l’assegno sociale valido nell’anno di presentazione della domanda di pensione.
Chi ha anche un solo contributo versato prima del 1996 non ha diritto a rientrare in questa misura.
Ecco quando il sistema contributivo rimanda la pensione a 71 anni
Va detto anche però, che per chi non ha contributi versati prima del 1996 la pensione di vecchiaia ordinaria a 67 anni di età si centra sempre con 20 anni di contributi almeno, ma con una pensione che non può essere inferiore a 1,5 volte l’assegno sociale. In questo caso i contributivi puri hanno questo genere di svantaggio. Quindi riscattare un anno di contributi prima del 1996 e diventare retributivi, potrebbe far venir meno questa limitazione. Infatti per chi ha iniziato a lavorare prima del 1996 la pensione di vecchiaia ordinaria si centra a 67 anni di età con 20 anni di contributi versati sempre. Perché si prende a prescindere dall’importo della prestazione.
Oltretutto per i contributivi puri la pensione non gode di maggiorazioni e integrazioni se di importo troppo basso. Per chi invece rientra nel sistema retributivo, queste agevolazioni sugli importi dei trattamenti esiste. Il contributivo puro rischia pertanto di restare senza pensione a 67 anni. Perché se non arriva al giusto importo per lui la pensione scatta solo a 71 anni di età. A questa età infatti non ci sono più i vincoli di importo della prestazione. E in quel caso bastano anche solo 5 anni di versamenti.