Dopo undici anni, la BCE effettuerà il suo primo rialzo dei tassi d’interesse al board di luglio. Sarà un evento epocale, non già per il fatto in sé che sarebbe ordinario nella vita di una banca centrale, quanto proprio perché non avveniva ormai dal lontano 2011. E considerato che l’Eurozona ha una storia di appena 23 anni alle spalle, non è esagerato affermare che a Francoforte vi sia scarsa esperienza su come gestire una stretta monetaria. Pensate che Mario Draghi fu governatore tra la fine del 2011 e la fine del 2019 e non ebbe mai la possibilità/volontà di alzare i tassi.
Comunicato e conferenza stampa BCE, si cambia
Sarà che il momento è topico, fatto sta che la BCE ha reso noto lunedì scorso che ci saranno alcuni “cambiamenti tecnici minori” al board di luglio. Il comunicato ufficiale non sarà diramato alle ore 13.45 com’è avvenuto fino al board di giugno, bensì alle 14.15. I mercati dovranno aspettare 30 minuti in più. In cambio, la conferenza stampa del governatore Christine Lagarde si terrà a partire dalle ore 14.45 e non alle 14.30. Questo significa che l’intervallo di tempo tra l’uscita del comunicato e l’inizio della conferenza stampa scende da 45 a 30 minuti, in linea con gli standard internazionali.
A cosa sono dovuti questi cambiamenti? Difficile dirlo. A naso si potrebbe affermare che il board vorranno prendersi un po’ di tempo in più per scrivere bene il comunicato. Ma sarebbe bastato anticipare l’inizio della riunione. Probabile, invece, che vogliano ridurre la volatilità del mercato. Alle ore 14.30, negli USA escono i dati macro, i quali impattano tipicamente sull’andamento delle contrattazioni. Anticipando la pubblicazione del comunicato a soli 15 minuti prima, forse Francoforte ritiene che i movimenti dei prezzi oscilleranno all’interno di un arco temporale inferiore.
Lo stesso dicasi accorciando l’attesa tra il comunicato e la conferenza stampa: ci sarebbero 15 minuti di “nervosismo” in meno sui mercati.
Rialzo tassi BCE, maneggiare con estrema cura
Incidenti come questi impattano sulla reputazione della banca centrale. E’ ancora vivo il ricordo dell’infausto 12 marzo 2020, quando Lagarde provocò un disastro finanziario affermando una frase ufficialmente ineccepibile (“non siamo qui a restringere gli spread”), ma che in quell’occasione suonò un po’ come “e chi se ne frega se qualche stato (l’Italia) fallisce!”. Trattandosi di una donna poco avvezza alla comunicazione asciutta e, soprattutto, di scarse competenze economiche, questi accorgimenti tecnici sembrano essere stati adottati per limitare i danni in partenza. Non basteranno. Lo sforzo comunicativo dovrà essere tutt’altro che superficiale come in questi mesi. Lagarde dovrà dimostrarsi all’altezza di un compito probabilmente superiore alle sue possibilità.