Con l’approvazione a larga maggioranza di ieri a Strasburgo del piano per il riarmo europeo, Bruxelles ufficializza il cambio di passo dopo decenni di sottovalutazione del problema sicurezza. Non c’è stata una vera maggioranza Ursula, semmai variabile a seconda delle mozioni. Solamente popolari e liberali hanno votato al loro interno compatti. Gli altri si sono divisi. Tuttavia, è bene precisare che ieri è stato votato più un impegno della Commissione che un piano vero e proprio. Questo ancora non esiste. Ci sono solamente ipotesi sui mezzi per raggiungere il risultato.
Olanda contraria a spese militari in deficit
Si parla di istituire un fondo da 150 miliardi di euro per progetti comuni, tesi a superare le spese nazionali ridondanti.
Altri 650 miliardi arriverebbero allentando il Patto di stabilità. Gli stati membri potrebbero esentare fino all’1,5% delle maggiori spese militari dal calcolo del deficit. Per l’Italia, conti alla mano, fino a 33 miliardi di margine fiscale in più. Non è detto che i governi ne approfittino, per la semplice ragione che i debiti li puoi anche chiamare investimenti, ma si pagano lo stesso.
Un siffatto riarmo europeo non convince. Se la Germania dispone di ampi margini fiscali, tanto da voler spendere 500 miliardi a debito in 10 anni solamente per rinvigorire la sua Bundeswehr e altrettanti per le infrastrutture, la gran parte degli stati UE sarà costretta alla cautela. L’Olanda ha fatto sapere di essere contraria agli Eurobond, cioè alle emissioni di debito comune per finanziare le spese militari. Il suo ministro delle Finanze, Eelco Heinen, ha spiegato che “la flessibilità nelle regole del Patto di stabilità deve essere limitata nel tempo e nella portata”, aggiungendo che, invece, il riarmo sia una questione di lungo periodo.
Difesa in UE esigenza strutturale
Gli olandesi hanno colto il punto. Dire ai governi che si chiuderà un occhio sui loro debiti per accrescere le spese militari rende l’intero riarmo europeo un’operazione precaria agli occhi del mondo. Proprio perché la flessibilità sarebbe necessariamente transitoria, come lo è stata per la pandemia, alleati e nemici ci vedrebbero intenti solamente ad investire qualcosa in più per qualche anno, salvo essere costretti a tornare ai precedenti livelli di spesa nel futuro. A meno di credere che serva semplicemente potenziare un po’ gli investimenti, ha ragione Heinen.
Durante la Guerra Fredda, gli Stati Uniti arrivarono a spendere fino al 9% del Pil in armamenti. L’Europa stessa spendeva molto più di oggi, anche se molto meno degli americani. Con la caduta del Muro di Berlino la spesa militare fu vista come una posta del bilancio inutile, quasi fastidiosa. Recuperare alzando il target al 3% del Pil per qualche anno non sarà possibile. I ritardi accumulati in fatto di tecnologia, know-how ed esperienza sul campo sono tali da tenerci probabilmente per molti anni ancora dietro ai livelli americani.
Riarmo europeo ridisegna spesa pubblica
Il riarmo europeo per essere credibile deve diventare strutturale. E questo comporta la necessità di ridisegnare la spesa pubblica nel suo complesso.
Per decenni abbiamo speso fin troppo sull’assistenzialismo, ignorando che il benessere provenga, anzitutto, dalla pace. E che la pace si mantenga anche mostrandosi forti con il nemico o potenziale tale. Non si tratterà di scegliere tra ospedali e scuole da una parte ed esercito dall’altro. C’è spazio per far convivere un livello di spesa militare efficace con servizi pubblici sufficientemente diffusi e di qualità. Ma a qualcosa bisognerà rinunciare in un’Europa dove la lista della spesa si allunga di anno in anno e che finisce per premiare sempre più ceti parassitari attraverso una burocrazia ipertrofica. Il ricorso al debito sarà un’illusione passeggera.