Il riarmo europeo divide gli stati UE, l’Italia guida ora il fronte dei “frugali”: tutte le richieste di Meloni

La premier Giorgia Meloni ha espresso la sua contrarietà all'aumento del debito per finanziare il riarmo europeo.
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Italia contraria a nuovi debiti per riarmo europeo
Italia contraria a nuovi debiti per riarmo europeo © Licenza Creative Commons

Il Consiglio europeo di questo giovedì a Bruxelles ha sancito sia l’unità che le divisioni tra i 27 stati dell’Unione Europea sul progetto del riarmo. L’obiettivo è condiviso da tutti, ma le modalità per arrivarvi vedono contrapposti diversi fronti. Come per un classico ribaltamento delle parti in commedia, adesso i cosiddetti stati “frugali” come Finlandia, Svezia e baltici (Lettonia, Estonia e Lituania) sarebbero favorevoli all’emissione di debito comune (Eurobond), mentre Italia e Francia si oppongono all’aumento del debito nazionale per accrescere la spesa militare. Infine, Germania e Olanda restano contrarie alle emissioni comuni e puntano semmai sui maggiori stanziamenti nazionali.

Riarmo europeo, Meloni ottiene modello InvestEU

La premier Giorgia Meloni ha ottenuto già un primo risultato, facendo inserire nel comunicato del Consiglio il riferimento al possibile sostegno ai finanziamenti privati in favore dell’industria per la difesa, attraverso garanzie pubbliche com’è stato già per InvestEU. Un fatto interessante, perché punta a mobilitare risorse in favore delle imprese che dovranno produrre per il riarmo europeo, ma senza iniezioni dirette di denaro pubblico.

Aumento spesa militare al 3,5% del Pil

A maggio si terrà all’Aia, in Olanda, un vertice NATO in cui sarà quasi certamente chiesto agli stati membri di alzare la spesa militare al 3,5% del Pil. L’Italia spende ancora l’1,5%. Adeguarsi per noi significherebbe per noi fino a +45 miliardi di euro all’anno. Un costo insostenibile per le casse dello stato, specie a fronte di un debito pubblico sopra il 135%. Meloni si mostra contraria a questo scenario, perché sa che una cosa è che Bruxelles non calcolerà tale extra-deficit ai fini del Patto di stabilità, un’altra conservare la fiducia dei mercati.

Ovviamente, l’aumento della spesa militare non dovrà essere necessariamente immediato. Tant’è che l’obiettivo consiste nel tendere al riarmo europeo entro 5 anni. A tale proposito, Italia e Spagna hanno ottenuto un cambio di denominazione: non più ReArm EU, bensì Readiness 2030. Cambiano i termini, mentre la sostanza resta invariata: ci dovrà essere una corsa agli armamenti per allentare la dipendenza dagli Stati Uniti.

Acquisti europei, pressioni da Italia-Francia

Un’altra convergenza si è trovata tra Italia e Francia a proposito dell’obiettivo di destinare la spesa militare per acquisti da società europee. La clausola del “buy European” è stata sinora concordata al 65%, ma Roma e Parigi vorrebbero elevarla al 70-80%. L’idea è ovvia: visto che dovremo spendere, che almeno quel denaro vada a beneficio della nostra industria. Ad uscirne maggiormente beneficiari sarebbero proprio Francia, Germania e Italia. Da noi c’è un colosso della difesa come Leonardo a poter festeggiare. La clausola si estenderebbe agli stati EFTA, cioè anche a Norvegia, Svizzera, Islanda e Liechtenstein. Il Regno Unito vi rientrerebbe con uno stratagemma: Leonardo produce anche sul suolo britannico.

Il “buy European” è un tema controverso e delicato. Per prima cosa bisogna accertarsi di disporre di tutta la tecnologia necessaria per minimizzare gli acquisti dagli alleati americani.

Secondariamente, l’UE dovrà prestare molta attenzione a non irritare Washington in piena guerra dei dazi. Il riarmo europeo è frutto delle sollecitazioni arrivate dall’amministrazione Trump. Tuttavia, la Casa Bianca punterebbe non solo a ridurre il proprio budget per difendere l’Europa, bensì anche ad aumentare le esportazioni di beni e servizi militari nel nostro continente.

Per riarmo europeo approccio pluriennale

Da questo punto di vista, la posizione dell’Italia può aiutare. Meloni ha ottenuto anche che il Consiglio giudicasse positivamente l’avvio del negoziato di pace in Arabia Saudita. Rispetto alle reazioni a caldo, Bruxelles ha voluto tendere la mano a Washington. E la mediazione della nostra premier in tal senso si è rivelata determinante. Ciò potrà servire per quel “do ut des” con Trump necessario a rendere il riarmo europeo meno doloroso possibile in termini di bilancio. L’Italia vuole minimizzare l’impatto sui conti pubblici e massimizzare il beneficio per la propria economia. Un equilibrio complicato, che richiederà prudenza e un approccio pluriennale.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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