Friedrich Merz non è neanche ancora cancelliere, avendo vinto di recente le elezioni federali in Germania senza la maggioranza assoluta dei seggi e con il minore consenso per la sua Unione cristiano-democratica sin dal 1949. Ma ha già sparigliato le carte in Europa con il lancio in grande stile del riarmo tedesco, a cui inevitabilmente sta seguendo il tentativo dell’intero continente di seguirne le orme. Di formale non c’è per il momento niente, se non i resoconti degli incontri con i socialdemocratici con cui nascerà entro poche settimane il prossimo governo di Grosse Koalition. Tanto è bastato, però, per mettere in subbuglio i mercati, costretti a digerire il cambio di paradigma a Berlino.
Riarmo tedesco brutto colpo per bond europei
Se finora il debito in Germania era visto come peccato – quante volte si è speculato sul doppio significato del termine tedesco “Schuld” come “debito” e “colpa” – con Merz è diventato una necessità. Crescerà di 1.000 miliardi in più nei prossimi 10 anni tra investimenti infrastrutturali (500 miliardi) e spese per il riarmo tedesco. L’idea del cancelliere “in pectore” sarebbe di modificare la regola costituzionale sul “freno al debito” o “Schuldenbremse” già prima che s’insedi il nuovo Bundestag, dato che con i nuovi risultati elettorali non ci sarebbero più i due terzi dei seggi necessari per approvare una tale (contro-)riforma.
I rendimenti tedeschi sono esplosi sul mercato come non accadeva dagli anni Novanta. Una risalita di oltre lo 0,40% in una sola seduta non l’aveva immaginata nessuno per la scadenza decennale. Lo spread BTp-Bund è arrivato a scendere fin sotto i 100 punti base, perché il mercato intuisce che l’Italia non potrà spendere così tanto quanto la Germania.
Né potranno gli altri alleati europei. Tuttavia, i rendimenti in valore assoluto sono lievitati ovunque. I BTp a 10 anni sono arrivati ad offrire circa mezzo punto percentuale in più in una settimana.
Impatto negativo sull’Italia
Se anche l’Italia non spendesse un solo centesimo in più a debito, rischierebbe comunque di subire gli effetti finanziari del riarmo tedesco. E la ragione è matematica: più offerta di debito, maggiori rendimenti. E maggiori rendimenti comportano un aumento della spesa per interessi. Tanto per farvi un esempio, se il debito pubblico italiano restasse invariato per anni (magari!) e il costo di emissione salisse in linea con i dati del mercato della scorsa settimana, l’onere per il bilancio statale a regime sarebbe di quasi 9 miliardi netti all’anno o 0,4% del Pil.
Differenze e similitudini tra Italia e Germania
La Germania che finanzia il riarmo tedesco in deficit può sembrare finalmente una buona notizia a chi ha desiderato per decenni che accadesse qualcosa di simile. La verità è che si tratterebbe di una mossa egoistica. Il governo tedesco ha poco debito, ma anche un’elevata spesa pubblica, perlopiù finalizzata a garantire un elevato assistenzialismo ai suoi abitanti, tra cui numerosi cittadini stranieri ed extra-comunitari. Nei decenni passati, quando gli stati del Sud Europa furono oggetto di speculazione finanziaria ai danni dei loro titoli di stato, Berlino si schierò per posizioni austere di politica fiscale. C’era del giusto in quelle osservazioni: non si sta in un’unione monetaria, se alcuni pensano di vivere a scrocco sulle spalle responsabili di altri.
Il debito tedesco con il rating tripla A è stato un fattore di forza per l’euro nel suo insieme. Senza, la Banca Centrale Europea non avrebbe potuto annunciare il “whatever it makes” e i seguenti acquisti dei bond per calmierare i rendimenti. E quei giudizi altissimi assegnate dalle agenzie derivano ad oggi dalla parsimonia dei politici teutonici, che spendono sempre nei limiti delle possibilità del bilancio. Al Sud siamo stati abituati all’allegria della spesa, tra l’altro di bassa qualità e sfavorevole dalla crescita economica.
Ma c’è un dato che la Germania ha finto di non vedere o forse non è mai arrivata a capire. Per quasi mezzo secolo, essa fu divisa tra Est ed Ovest dopo il secondo conflitto mondiale. All’Italia andò molto meglio, ma anche noi avemmo il nostro “muro” a Roma: divideva i partiti atlantisti dal potente PCI all’opposizione. Per scongiurare il rischio che esso salisse al potere e ci portasse fuori dall’orbita delle liberaldemocrazie tra le braccia dell’Unione Sovietica, nei travagliati anni Settanta e poi Ottanta la politica mollò ogni freno inibitorio e ricercò il consenso in modo anche clientelare, spicciolo, senza alcuna visione, spesso criminale. Il risultato fu che il PCI assistette al suo declino, anche per via del contesto internazionale. E la pace sociale tornò a primeggiare sulle tensioni.
Germania irriconoscente con alleati
La Germania, chiusa nei suoi problemi dopo la riunificazione del 1990 e priva del carattere da leader, anziché capire cosa fosse successo all’infuori dei suoi confini dopo la guerra, si limitò a svolgere il ruolo che le è più proprio: il ragioniere. I bilanci degli altri stati diventarono subito parametri sconnessi dalla politica e si andò alla ricerca costante e ossessiva di un ventre molle d’Europa su cui scaricare le proprie frustrazioni per avere rinunciato alla solidità del marco tedesco e alle certezze di una politica economica con la testa sulle spalle.
La situazione degenerò dopo il 2010, quando la crisi dei debiti sovrani convinse definitivamente i tedeschi che il Sud andasse punito per il suo lassismo fiscale.
La Germania, però, deve la sua politica del rigore anche grazie all’assenza di un costo come la sicurezza. L’anno dopo la riunificazione, spendeva il 2% scarso del Pil per questa voce di bilancio. E l’Urss sarebbe collassata solamente negli ultimissimi giorni di quel 1991. Alla fine degli anni Novanta, riduceva ancora la spesa per la difesa all’1,4%, circa 4 punti di Pil in meno degli USA. Diciamo che l’Occidente nel suo complesso è stato generoso con la Germania tra sicurezza a scrocco e euro favorevole per le sue esportazioni, mentre la Germania non si è mostrata neppure riconoscente. Peggio, non è stata in grado di capire il soccorso ricevuto. Tra l’altro, anche il condono dei debiti di guerra negli anni Cinquanta servì al rilancio della sua economia.
Riarmo tedesco a debito rischioso per alleati
Adesso che Merz sa di poter spendere senza guardare ai bilanci, si gioca questa carta per rimettere in moto il Pil. Questa mossa rischia, però, di infliggere ulteriori pene agli alleati europei, costretti a pagare di più per i loro debiti. La soluzione sarebbe di tendere al riarmo tedesco con la solita parsimonia, cioè tagliando spese superflue. Insomma, perseguendo quell’austerità tanto propinata agli altri e perseguita in casa in un contesto macroeconomico favorevole. Il leader, se tale vuole essere, non può pensare di scaricare i suoi oneri sempre sugli altri, rovesciando il tavolo delle regole quando le cose non gli vanno più bene. La Germania deve capire che per essere credibile, deve compiere sacrifici e mostrarli agli altri. Se il riarmo tedesco finissimo per pagarlo noi, avverrebbe a discapito del nostro e delle nostre finanze pubbliche. E ancora una volta Berlino confermerebbe di non avere il senso della storia.
Buongiorno e complimenti per la chiarezza e semplicità dei suoi articoli, anche se di carattere tecnico .