Con la riforma del processo tributario è stata prevista al contempo la possibilità di chiudere le liti tributarie pendenti in Corte di Cassazione. Si deve trattare di contenziosi in cui il contribuente non deve essere integralmente soccombente ossia non deve aver perso in tutti i gradi di giudizio.
Per quanto qui di interesse, al netto delle novità previste con la riforma del processo tributario, le liti con il Fisco si basano su due gradi di giudizio: in primo grado, dinanzi alla Commissione tributaria provinciale, CTP, territorialmente competente, si può presentare ricorso contro gli atti emessi dagli uffici (delle Agenzie) delle Entrate, delle Dogane e dei Monopoli, dagli Enti locali e contro le cartelle di pagamento e i provvedimenti emessi dagli agenti e dai concessionari della riscossione; in appello, contro una sentenza della CTP, dinanzi alla Commissione tributaria regionale.
Contro le sentenze della Commissione tributaria regionale, è possibile ricorrere per Cassazione.
Proprio le liti in essere in Cassazione, sono oggetto della definizione agevolata prevista con la riforma del processo tributario. Mentre, i partiti politici in campagna elettorale pensano ad aiuti per chi non riesce a pagare le tasse, imprese e contribuenti hanno già la possibilità di sfruttare questa opportunità.
Pochi giorni fa, l’Agenzia delle entrate ha approvato il modello per aderire alla definizione agevolata. Si chiama così perché il contribuente ha la possibilità di chiudere la lite con il Fisco versando un importo irrisorio rispetto al valore della lite.
La definizione delle liti con il Fisco
L’art.5 della Legge n°130/2022, legge di riforma del processo tributario, prevede in favore di chi ha una lite in corso innanzi la Corte di Cassazione contro il Fisco, di chiudere la questione, a condizioni vantaggiose.
In particolare, possono essere chiuse:
- le controversie pendenti innanzi alla Corte di cassazione di valore non superiore a 100mila euro per le quali l’Agenzia delle entrate risulti integralmente soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio e
- quelle di valore non superiore a 50mila euro per le quali l’Agenzia sia soccombente in tutto o in parte in uno dei gradi di merito.
Il contribuente può chiudere le suddetti liti pagando rispettivamente, un importo pari al 5% della controversia o al 20% della stessa.
La soccombenza va valutata in relazione al singolo atto impugnato. Non sono definibili le controversie in cui il contribuente risulta soccombente in entrambi i gradi del giudizio di merito.
On line il modello per chiudere la lite
Per aderire alla definizione agevolata dei ricorsi occorre presentare domanda, per ciascuna controversia, entro il 16 gennaio 2023.
A tal fine, la domanda va presentata tramite il modello approvato nei giorni scorsi dal’Agenzia delle entrate. L’invio deve essere effettuato tramite PEC: all’indirizzo di posta elettronica certificata dell’ufficio che è parte nel giudizio di merito. Alla richiesta va allegata la copia di un documento valido di identità del firmatario dell’istanza e la ricevuta del versamento effettuato tramite F24.
Il pagamento dell’importo da versare per la definizione deve avvenire in un’unica soluzione. A breve saranno approvati i codici tributo da indicare in F24.