Riforma delle pensioni: ecco 3 misure ottime per tutti per salutare la legge Fornero

Con 3 interventi e 3 nuove misure si potrebbe varare una riforma delle pensioni che supererebbe per davvero la legge Fornero.
5 minuti fa
2 minuti di lettura
riforma pensioni
Foto © Investireoggi
  • Riformare il sistema previdenziale oggi, come ieri, è indispensabile. Ma se è ancora necessario parlare di riforma significa che la riforma Fornero è tuttora pienamente in vigore. Che cosa implica questo? Che, per accedere alla pensione, esistono ancora numerosi vincoli e requisiti rigidi. Come si potrebbe abbassare tali vincoli e superare la legge Fornero? In un mix di vecchie e nuove proposte che, a fasi alterne, entrano nel dibattito pubblico, ecco le 3 misure ideali per dire una volta per tutte addio alla legge Fornero.

In pensione subito a 62 anni, flessibilità ok e penalizzazioni a termine

Penalizzare eccessivamente un lavoratore che sceglie di pensionarsi prima difficilmente servirebbe a superare davvero la legge Fornero.

Lo dimostra il basso utilizzo di Opzione Donna o Quota 103, che – al di là delle limitazioni di platea, dell’elevato numero di contributi richiesti e di altre condizioni – posseggono regole di calcolo tali da costituire un vero e proprio deterrente.

Se si introducesse una pensione a 62 anni in modo flessibile, ma con tagli ulteriori rispetto a quelli già vigenti, in pochi sceglierebbero una simile via d’uscita. Anticipare l’uscita dal lavoro, qualunque sia la misura scelta, comporta comunque penalizzazioni. Chi, invece di attendere i 67 anni, smette di lavorare a 62, rinuncia infatti a 5 anni di contributi che non verranno più versati; inoltre, a 62 anni, la pensione è calcolata con un coefficiente di trasformazione più basso rispetto a quello dei 67 anni. Tali penalizzazioni sono già un peso notevole: un grande sacrificio in cambio di 5 anni di anticipo.

Se, inoltre, si introducessero un ricalcolo contributivo sul modello di Opzione Donna o Quota 103, o un taglio lineare per ogni anno di anticipo, si creerebbe una flessibilità solo sulla carta. Di fronte a una penalizzazione così elevata, molti preferirebbero rinunciare all’uscita anticipata.

Ecco tre soluzioni per una completa riforma delle pensioni

Quindi, sarebbe ideale permettere una sorta di pensione flessibile “in due quote”.

Una proposta che suscitò molto interesse fu quella avanzata a suo tempo da Pasquale Tridico, quando era presidente dell’INPS. Si parlava di pensioni anticipate, ad esempio a 62 anni, ma con una penalizzazione a termine, valida fino ai 67 anni. In pratica, uscendo a 62 anni, il pensionato percepirebbe solo la parte contributiva (più penalizzata), per poi passare alla pensione piena (con l’aggiunta della parte retributiva) al compimento dei 67 anni. In questo modo, la penalizzazione non graverebbe per sempre sull’importo della pensione, come invece accade oggi con Opzione Donna o Quota 103.

Tre misure che farebbero superare per sempre la riforma delle pensioni di Elsa Fornero

Naturalmente, non è sufficiente una pensione anticipata dai 62 anni, magari con 20 anni di contributi, per varare una riforma pensionistica in grado di superare la legge Fornero. Per questo motivo, una pensione con Quota 41 per tutti andrebbe comunque prevista. Sarebbe un ritorno al passato, ossia a quando si poteva uscire con 40 anni di versamenti: oggi, invece, si ragionerebbe su 41 anni di contributi. Anche qui si parla di possibili penalizzazioni, che però – per le ragioni esposte sopra – dovrebbero essere ridotte o eliminate.

Come di consueto, servirebbe anche una misura alternativa, magari una quota che permetta di sommare età e contributi, un po’ come avveniva un tempo con la Quota 96.

Un’opzione che continua a piacere e che ha lasciato molti nostalgici è la Quota 100. Si potrebbe proporre qualcosa di simile, dando la possibilità di andare in pensione quando età e anni di contributi raggiungono 100. Senza, però, introdurre paletti impossibili come, ad esempio, i 41 anni di contributi previsti da Quota 103, che la rendono di fatto poco utilizzabile. L’idea potrebbe essere di partire dai 60 anni di età (per chi, ad esempio, ha 40 anni di versamenti). Oppure dai 62 anni per chi ne ha 38, fino ad arrivare ai 65 anni per chi ne ha 35, e così via.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

pensione
Articolo precedente

Cedolino pensione febbraio 2025: dove e come consultarlo

Articolo seguente

Più facile trovare lavoro grazie al Bonus assunzioni 2025. Come funziona l’agevolazione (circolare n°1 Agenzia delle entrate)?