I fondi per la riforma delle pensioni non ci sono, e quindi la prossima legge di Bilancio potrebbe nascere nel segno dell’immobilismo. Questo è l’unica cosa certa se il governo non potrà intervenire sulla previdenza come molti speravano.
Senza una nuova riforma delle pensioni, qualcuno paventa un ritorno alla legge Fornero. Anche i sindacati, o almeno alcuni di essi, sostengono che si tornerà alla legge Fornero, creando seri problemi per i lavoratori che vorrebbero andare in pensione.
Ma dire che si tornerà alla riforma Fornero implica che oggi essa non sia più in vigore, o che ci siano misure che la rendano non applicata.
Riforma delle pensioni tra polemiche politiche e critiche
Chi sostiene che senza una riforma delle pensioni il governo Meloni riporterà in vigore la riforma Fornero dovrebbe spiegare meglio questo concetto. Perché, di fatto, questa affermazione implica che le attuali misure in vigore abbiano già cancellato la riforma del governo Monti. Ma così non è.
Le stesse persone che oggi gridano al ritorno alla Fornero sono quelle che, in passato, hanno criticato misure come quota 100, quota 102, quota 103 e l’Ape sociale.
Le critiche erano due: il primo allarme riguardava l’elevato costo di queste misure, che gravavano sulle già esaurite casse statali; il secondo allarme riguardava i limiti e le penalizzazioni delle varie misure, spesso destinate a pochi lavoratori e con penalizzazioni per chi usciva dal lavoro.
Ma se le attuali misure non sono sufficienti per superare la riforma Fornero, perché si sostiene che il mancato intervento del governo porterà al ritorno di quella legge? Sono le tipiche contraddizioni all’italiana, con polemiche politiche che dominano la scena e creano solo confusione tra i lavoratori che si aspettano novità.
Riforma delle pensioni: ecco l’analisi obiettiva e perché il ritorno alla Fornero è un falso allarme
Quando il governo Conte I varò quota 100 su pressing della Lega, si diceva che fosse una misura troppo costosa e destinata solo a chi aveva carriere lunghe e stabili, penalizzando donne, stagionali e lavoratori discontinui.
Oggi, sull’ipotesi di quota 41 per tutti, si sostiene che costerebbe troppo e che, se mai fosse varata, dovrebbe prevedere il ricalcolo contributivo della pensione per tamponare le spese.
Attualmente, è difficile che si possano varare misure favorevoli ai pensionati. È un dato di fatto. Si potrebbe solo arrivare a confermare alcune misure che scadono a fine anno, magari prorogandole di ulteriori 12 mesi. Parliamo di Opzione donna, dell’Ape sociale e di quota 103.
Se nel pacchetto pensioni della legge di Bilancio il governo decidesse di lasciare intatto il sistema attuale prorogando queste tre misure, i critici direbbero che è stato scongiurato il ritorno alla legge Fornero? Il dubbio è lecito, perché se l’immobilismo in manovra porta al ritorno della legge Fornero, mantenere il sistema attuale eviterebbe questo pericolo?
Ecco il quadro reale della situazione
La verità è che le misure introdotte negli ultimi anni sono solo misure tampone, che non hanno superato la riforma Fornero. La quale continua a produrre tutti i suoi tristemente noti effetti. Prima della legge Fornero, le donne potevano andare in pensione a 60 anni con 20 anni di contributi. E gli uomini a 65 anni con 20 anni di contributi.
Oppure si poteva andare in pensione con 40 anni di contributi indipendentemente dall’età, o con quota 96, che combinava 60 anni di età e 35 anni di contributi. Oggi, le pensioni di vecchiaia si ottengono con 67 anni di età e 20 anni di contributi, indipendentemente dal genere. Le pensioni anticipate, che prima erano chiamate pensioni di anzianità, si ottengono con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini.
Queste soglie resteranno le stesse anche nel 2025, indipendentemente da ciò che farà il governo. Anche se saranno confermate Opzione donna, l’Ape sociale o quota 103, le soglie delle misure ordinarie rimarranno invariate. E continueranno a essere collegate alla legge Fornero, che, ripetiamo, non è mai stata superata.
Ciò che non è stato superato, non può certo tornare in vigore, perché è già in vigore.