Di riforma delle pensioni si parla da anni ormai senza che si arrivi mai ad un vero restyling del sistema previdenziale. Infatti è dai periodi immediatamente successivi al 2012, cioè dall’entrata in vigore della riforma Fornero che c’è voglia di riformare di nuovo il sistema. Sono nate tante misure negli anni successivi, ma sono state per lo più misure tampone, spesso a scadenza, che hanno solo tamponato la falla senza poter affermare che la riforma delle pensioni era giunta a compimento. Si ricordano l’Ape sociale, l’Ape volontario, opzione donna, le varie quote, alcuni scivoli aziendali come il contratto di espansione.
Alcune misure ancora oggi in vigore, altre ormai cessate. Poi ci sono stati interventi mirati a potenziare la previdenza integrativa e la pensione complementare.
Una soluzione che se affiancata alla previdenza obbligatoria potrebbe dare una mano a risolvere l’annoso problema di pensioni sempre più lontane e sempre più povere. Su questo anche i sindacati sembrano in linea. lo dimostrano anche le parole del Segretario Confederale della Cisl Ignazio Ganga che addirittura parla di educare i lavoratori alla pensione. Ma cosa significa tutto questo?
Pensione complementare, ecco come devono essere educati i lavoratori
Vantaggi fiscali, contrattuali e sulle pensioni, questo è ciò che i lavoratori dovrebbero imparare a riconoscere della previdenza complementare. Lo ha detto il Segretario Confederale della Cisl Ignazio Ganga, come riporta l’Ansa. L’argomento del rappresentante della potente sigla sindacale riguarda i fondi pensione della cosiddetta contrattazione collettiva.
Di previdenza complementare da potenziare, si parlava già durante i vecchi incontri tra governo e sindacati prima della pandemia.
Educare i lavoratori a innaffiare la loro pensione, integrando l’assegno pensionistico che riceveranno con la previdenza obbligatoria dovrebbe essere alla base del lavoro del governo attuale e delle istituzioni.
Ancora scarsa l’adesione ai fondi pensione, nonostante misure come la RITA (Rendita Integrativa Anticipata Temporanea) introdotta qualche anno fa e nonostante adesso, la rendita può servire anche per accedere alla quiescenza con la pensione anticipata contributiva INPS. Una soluzione per ridurre il disagio che le attuali regole pensionistiche producono tra requisiti sempre in crescita e assegni sempre in decrescita, passa quindi dalla previdenza complementare, almeno secondo il rappresentante della Cisl.
Riforma delle pensioni, si parte dalla pensione complementare, ma cos’è?
Il problema maggiore della previdenza complementare che porta a scarse adesioni è sempre lo stesso. Chi ha stipendi elevati può essere propenso a mettere da parte altro per la pensione. Chi invece ha stipendi bassi non può farlo, perché i soldi bastano a stento per le esigenze primarie di vita.
E se è vero che quelli più penalizzati dalle regole del sistema ancora troppo legate alla legge Fornero sono quelli che hanno lavoro instabile, precario, a orario ridotto e sottopagato, è evidente che serve un ritocco delle regole anche per la previdenza integrativa. Chi è colui che andrà in pensione troppo tardi come età e con una pensione bassa? Sicuramente è chi oggi fa un lavoro poco continuo, magari intervallato da periodi di ammortizzatori sociali o di completa assenza di copertura.
E sicuramente chi oggi prende uno stipendio basso fa diventare bassa anche la contribuzione versata all’INPS con il 33% di aliquota che si applica proprio sulla retribuzione lorda percepita. Non ci vuole uno scienziato per capire queste cose. E per arrivare alla conclusione che i fondi pensione vengono aperti solo da chi può permetterselo.
La riforma delle pensioni potrebbe tirare dentro anche le pensioni complementari
La promozione a livello apicale dell’educazione previdenziale con misure quali quella che prevede con silenzio assenso, di destinare al fondo pensione integrativo il TFR maturato. Tutto fa brodo per permettere ai lavoratori di uscire dal lavoro con un assegno più dignitoso. E se è vero che dal primo gennaio le pensioni anticipate contributive a 64 anni possono essere raggiunte anche con la previdenza integrativa, ecco aumentare la popolarità dei fondi pensione.
Per andare a riposo con 64 anni di età e almeno 20 anni di versamenti, chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995 (solo loro possono accedere a questa misura), deve raggiungere un trattamento pari a 3 volte l’assegno sociale. Oltre 1.616 euro al mese nel 2025. Ma chi ha aderito in passato ai fondi pensione, può usare quello che ha maturato nel fondo come rendita, per raggiungere questa somma utile a dare l’ok alla pensione a 64 anni da parte dell’INPS. Ecco quindi che la pensione complementare diventa importante sia dal punto di vista dell’importo di quanto si andrà a percepire, che per il diritto ad uscire in anticipo.