Nelle ultime ore ha fatto molto discutere un editoriale dell’ex Ministro Cesare Damiano pubblicato sul quotidiano “l’Unità”, in cui critica l’operato del governo in materia previdenziale. Si parla di promesse mancate riguardo alla riforma delle pensioni, in particolare delle promesse fatte dalla Lega di Matteo Salvini riguardo alla Quota 41 per tutti.
Le parole dell’ex Ministro sono importanti e veritiere, soprattutto quando fa il punto della situazione riguardo a quanto accaduto in materia di pensioni negli ultimi anni.
Ecco un quadro dettagliato di ciò che l’ex Ministro proponeva e ciò che invece ha promesso la Lega, con il risultato che tutto è rimasto come era, o forse peggio.
Riforma delle pensioni: tra Quota 41 per tutti e la pensione a 62 anni con tagli lineari
L’abolizione o il superamento della riforma pensionistica di Elsa Fornero, promessi dalla Lega di Matteo Salvini, sono promesse rimaste disattese. Così si esprime Cesare Damiano, analizzando la situazione attuale del sistema previdenziale. Anzi, secondo l’ex Ministro, la situazione è peggiorata e rischia di peggiorare ulteriormente.
Nel 2024, le uniche novità pensionistiche sono state altamente penalizzanti. Ad esempio, la Quota 103, che da mista è diventata contributiva, tagliando gli assegni. Questa misura permette di uscire dal lavoro a 62 anni, ma solo con 41 anni di contributi versati. Anche Opzione Donna è stata penalizzata, con l’età di uscita aumentata di un anno e la limitazione della platea introdotta nel 2023. L’Ape sociale e altre misure potrebbero non essere prorogate l’anno prossimo.
Di conseguenza, la Legge Fornero non solo non verrà superata, ma potrebbe addirittura essere potenziata, restando l’unica via di uscita dal mondo del lavoro.
Quota 41 per tutti penalizzata: ecco come rischia di non essere il toccasana che tutti si aspettano
Non poteva mancare il riferimento alla Quota 41 per tutti, che la Lega ha promesso da tempo.
La Quota 100 consentiva di uscire dal lavoro con 62 anni di età e 38 anni di contributi. Ma fu duramente criticata perché costava troppo per le casse dello Stato. Dopo la scadenza del triennio di sperimentazione della Quota 100 (dal 2019 al 2021), si inserisce una peggiorativa Quota 102 e poi l’attuale Quota 103.
Le critiche alle mancate promesse sono giuste quando si parla di pensioni, ma è altrettanto vero che superare la riforma Fornero non è la cosa più semplice da fare, a prescindere dai governi in carica.
Anche la riforma delle pensioni del DDL 857 penalizzava i lavoratori
Come accennato, Cesare Damiano, insieme a Maria Luisa Gnecchi e Pier Paolo Baretta, ha proposto una riforma delle pensioni nota come DDL 857.
Questa proposta prevedeva una flessibilità in uscita molto particolare, con un pensionamento flessibile dai 62 anni e 7 mesi di età e almeno 35 anni di contributi. Ma con una penalità del 2% per ogni anno di anticipo rispetto all’età di 66 anni e 7 mesi.
Traducendo la proposta ai giorni nostri, il pensionamento flessibile dovrebbe partire dai 63 anni di età con 35 anni di contributi, con un taglio del 2% per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni. Anche la proposta di Damiano prevedeva dei tagli, fino all’8% per chi sfrutta il massimo anticipo.
Come quantificare quali penalizzazioni sono migliori
Superare la riforma pensionistica di Elsa Fornero partendo da tagli sugli assegni, sia lineari come proponeva Damiano che con il calcolo contributivo, è sempre la via principale. Man mano che passano gli anni, il calcolo retributivo incide sempre meno sulle pensioni dei nuovi pensionati.
Presto, gli anni di contributi versati prima del 1996 non esisteranno più per i nuovi pensionati. Che saranno lavoratori che hanno iniziato a versare dopo il 1995. Il taglio lineare rimarrebbe comunque una penalità forte, riguardando tutti i lavoratori che usciranno prima dei 67 anni.