La riforma fiscale sta diventando sempre più la strada che il governo di centro-destra di Giorgia Meloni intende battere per ravvivare l’economia italiana e rispondere alle esigenze dei contribuenti di una tassazione più leggera. Il vice-ministro dell’Economia, Maurizio Leo, ha confermato alcune indiscrezioni di stampa per cui l’obiettivo della maggioranza sarebbe di accorpare le aliquote IRPEF relative ai primi due scaglioni di reddito. L’esponente di Fratelli d’Italia, molto vicino alla premier, si è mostrato prudente sul punto.
L’ipotesi che, a questo punto, prende sempre più piede consiste nell’applicare un’unica aliquota sui primi due scaglioni di reddito. Oggi, fino a 15.000 euro si paga il 23%, da 15.001 a 28.000 euro il 25%. Ipotizzando che il governo applichi su tutti i primi 28.000 euro l’aliquota del 23%, i risparmi arriverebbero a un massimo di 260 euro per i redditi proprio di 28.000 euro. Chiaramente, stiamo ragionando a parità di “no tax area“. Sempre dal governo è stata espressa la volontà, invece, di rendere uguale per tutti i contribuenti la soglia di reddito oltre la quale scatta il pagamento dell’IRPEF.
Ad oggi, i lavoratori dipendenti non pagano l’imposta fino a 8.145 euro, i pensionati fino a 8.500 euro e i lavoratori autonomi fino a 5.500 euro all’anno. Se, ad esempio, tutte le categorie usufruissero di una “no tax area” fino a 8.500 euro, ci sarebbero ulteriori risparmi per i lavoratori dipendenti e, soprattutto, per quelli autonomi.
Vantaggi con riforma aliquote IRPEF
Un contribuente che dichiarasse 20.000 euro, a seguito della riforma fiscale si troverebbe a pagare 100 euro in meno all’anno con la revisione delle aliquote IRPEF. A 25.000 euro, il risparmio salirebbe a 200 euro.
Viceversa, i 100 euro risparmiati da chi dichiara 20.000 euro inciderebbero per lo 0,50% e i 200 euro su 25.000 euro per lo 0,80%. Ma ancora una volta per capire il beneficio reale del taglio delle aliquote IRPEF, bisognerà capire cosa accadrà alle detrazioni nello specifico. Si parla di limitarle in percentuale al reddito e in misura decrescente con gli scaglioni. Nell’ipotesi circolata del 4% per i primi 28.000 euro, del 3% per i redditi tra 28.001 e 50.000 euro, del 2% tra 50.000 e 100.000 euro e zero sopra 100.000 euro, ancora una volta i redditi beneficiati sarebbero perlopiù quelli medio-bassi.
Cambiano detrazioni fiscali
In valore assoluto, un reddito di 25.000 euro potrebbe portare in detrazione spese fino a 1.000 euro. Un reddito di 40.000 euro non potrebbe superare i 1.200 euro, stesso ammontare previsto per un reddito da 60.000 euro. A 100.000 euro si arriverebbe al massimo delle detrazioni spettanti, cioè a 2.000 euro. Rispetto al sistema impositivo attuale, i redditi medio-alti risulterebbero svantaggiati. In teoria, ad esempio, se oggi un lavoratore dipendente dichiara 40.000 euro di reddito lordo annuo, può teoricamente scaricare fino a tutta l’imposta lorda di quasi 10.700 euro attraverso le varie detrazioni. Con la riforma il tetto massimo si ridurrebbe di ben 9.500 euro, sebbene non dovrebbero essere toccate le detrazioni per spese mediche, mutui e bonus casa. Un po’ presto per fare bilanci e tirare le somme.