Riforma pensioni 2025, ecco cosa resterà della riforma Fornero

A che punto è la riforma pensioni 2025? Ecco come potrebbe cambiare la previdenza sociale da gennaio con la legge di Bilancio.
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2 mesi fa
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riforma pensioni
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Come di consueto, con l’arrivo di ottobre si ripresentano le ipotesi, le proposte e i dibattiti sulla riforma delle pensioni. Ogni anno, in vista della Legge di Bilancio, gli incontri e i summit sul tema si moltiplicano.

C’è però una differenza quest’anno rispetto agli anni passati. Se in precedenza si parlava molto di riformare il sistema e venivano proposte nuove misure, quest’anno prevale la consapevolezza che, per l’anno prossimo, non si riuscirà a fare nulla di concreto.

Di conseguenza, la riforma pensioni 2025 sembra in stallo. Vediamo quindi cosa resterà della riforma Fornero e cosa ci aspetta per il futuro, considerando che la situazione potrebbe addirittura peggiorare.

I soldi mancano, Bruxelles impone parsimonia e l’ultimo report dell’INPS non fa sorridere

La riforma delle pensioni genera inevitabilmente ipotesi di spesa che lo Stato non può permettersi. Anche la Legge di Bilancio, con le sue limitate risorse, non lascia spazio all’ottimismo per una riforma significativa. Tra la riforma dell’IRPEF, il taglio del cuneo fiscale e altre urgenze, le pensioni sembrano essere diventate una priorità secondaria.

Gran parte delle risorse della manovra sarà destinata ad altre necessità, rendendo la riforma delle pensioni una questione che, forse, inizia a essere considerata superflua. L’ultimo rapporto dell’INPS ha infatti rivelato alcuni dati significativi. In Italia, si va in pensione troppo presto rispetto alla media europea: nonostante l’età ufficiale per la pensione sia di 67 anni, la media effettiva è di 64,2 anni. Inoltre, gli importi delle pensioni in Italia sono, in media, più alti del 14% rispetto al resto d’Europa.

Questi dati portano a due conclusioni: introdurre nuove misure che permettano di andare in pensione ancora prima dei 64,2 anni è praticamente impensabile, e aumentare gli importi pensionistici, tramite perequazioni o altre promesse, sembra altrettanto improbabile.

Riforma pensioni 2025: cosa resterà della riforma Fornero

L’Unione Europea impone parsimonia nella spesa pubblica, in particolare per quella previdenziale.

Aumentare la spesa pensionistica non sarebbe una scelta saggia. L’ultimo rapporto dell’INPS, nonostante alcune smentite da parte dei vertici dell’Istituto, ha evidenziato che il sistema potrebbe non essere sostenibile se il numero di pensionati continuerà a crescere più rapidamente rispetto a quello degli occupati, e se l’età media della popolazione continuerà ad aumentare.

Se l’aspettativa di vita si allunga, l’INPS dovrà pagare pensioni per periodi sempre più lunghi. Come fronteggiare questa situazione? Ritardando l’accesso alla pensione e aumentando i requisiti necessari per ottenerla.

La riforma delle pensioni dovrà affrontare proprio questi fattori. Qualsiasi novità introdotta nella Legge di Bilancio avrà probabilmente l’effetto di rendere ancora più rigidi i requisiti di accesso. L’ipotesi più probabile, infatti, è un ulteriore irrigidimento della già severa riforma Fornero.

Ecco cosa potrebbe cambiare sulle pensioni adesso

Nello scenario attuale, la migliore delle ipotesi sarebbe confermare le misure in scadenza, come Opzione Donna, l’Ape Sociale e Quota 103. Tuttavia, guardando i numeri, sembra che l’unica misura con un impatto significativo sui nuovi pensionamenti nel 2025 sia l’Ape Sociale. Quota 103 e Opzione Donna, negli ultimi anni, sono state poco sfruttate, principalmente perché entrambe le misure sono di tipo contributivo e quindi penalizzanti dal punto di vista degli importi, e perché sono limitate a poche categorie di lavoratori.

In particolare, l’Opzione Donna ha una platea sempre più ridotta, riservata a invalide, caregiver, lavoratrici licenziate o coinvolte in crisi aziendali. Nulla a che vedere con la versione originale, che permetteva di andare in pensione a 58 anni con 35 anni di contributi (59 anni per le lavoratrici autonome).

Quota 103, sebbene consenta di andare in pensione a 62 anni, richiede comunque 41 anni di contributi, un obiettivo non facile da raggiungere per molti lavoratori.

Inoltre, si parla di un possibile inasprimento della misura, portando l’età minima a 63 anni, con la conseguente creazione di una “Quota 104”.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

2 Comments

  1. Si parla che INPS non ha soldi x le pensioni di noi nati e vissuti in Italia i quali abbiamo e stiamo lavorando onestamente e versando le tasse e contributi x tutti anni della nostra vita, ma veniamo penalizzati x pagate Fra bonus e Naspi a chi è arrivato in Italia dagli altri paesi europei facendo i furbi lavorando a nero e percepiscono le agevolazioni offerte…… a noi italiani ci volete sfruttare fino alla morte allungando sempre più età pensionistica……mettetevi una mano sulla coscienza.

    • Per loro i soldi li trovano,sempre più schiavi sottomessi e più poveri,gli ultra sessantenne siamo fragili per l’obbligo vaccinale ma siamo abili per io lavoro,a noi chiedono 43 anni di lavoro per loro basta una legislatura e vanno in pensione loro e i parenti prossimi con tutti gli agi previsti,una vera e propria dittatura,manco ai tempi di Mussolini che istituì le pensioni,il tempo del fascio era oro al confronto,linps regala soldi a chi non ha mai versato un contributo e li nega a chi ha già dato,dopo una vita di lavoro non si produce come i giovani e si è stanchi,lavorare nei xantieri o in agricoltura non è così semplice per un corpo sfruttato

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