Riforma pensioni, adesso è più chiaro cosa accadrà in futuro

Come potrebbe nascere la riforma delle pensioni, tra aumento delle minime e possibilità di anticipare l'uscita.
1 giorno fa
3 minuti di lettura
Come potrebbe nascere la riforma delle pensioni, tra aumento delle minime e possibilità di anticipare l'uscita.
Foto © Investireoggi

Uno sguardo alle pensioni minime, anche se difficilmente si potrà arrivare a 1.000 euro al mese come promesso, e pensioni più flessibili. Seppure a caro prezzo per i pensionati. La riforma delle pensioni idonea a superare la legge Fornero è ormai delineata. Nel senso che, pur senza certezze e misure già varate, il piano su cui si lavora per rinnovare il sistema è chiaro. La recente sentenza della Consulta sulla perequazione 2023/2024 è lapalissiana riguardo a ciò che è permesso. E anche a ciò che non lo è.

L’aumento delle pensioni, con o senza riforma, le minime sono le uniche da ritoccare

Perfino la perequazione, ossia l’adeguamento annuale delle pensioni al tasso di inflazione, con tagli sempre più marcati sulle pensioni più alte, si muove nella direzione del risparmio in termini di spesa pubblica.

Il governo, nel 2023 e 2024, ha operato un taglio della perequazione delle pensioni di importo più elevato, centrando l’unico risultato che si prefiggeva: risparmiare miliardi di euro. Adesso pare che sui tagli non ci siano divisioni.

La Corte Costituzionale, chiamata a esprimersi sul ricorso di un contribuente penalizzato dalla mancata indicizzazione piena (a partire dalle pensioni sopra 4 volte il minimo), ha dato ragione al governo. In altre parole, è giusto tagliare le pensioni e non c’è nulla di incostituzionale.

Ok al taglio della perequazione delle pensioni più elevate di importo

Secondo la Consulta, il taglio non può essere considerato contrario all’articolo 36 della Costituzione, che garantisce una retribuzione proporzionata alla qualità e quantità del lavoro svolto. Per quanto riguarda le pensioni, chi ha maturato un assegno elevato grazie a un lavoro di qualità o di quantità superiore, non deve necessariamente godere di quegli stessi privilegi in sede pensionistica che ha avuto in busta paga.

Potrà sembrare strano, ma è così che si è pronunciata la Consulta. Di conseguenza, il governo non dovrà preoccuparsi di risarcire o rimborsare quei pensionati che, ad esempio, nel 2023 hanno ricevuto un aumento di pensione pari al 2,592% invece che all’8,1% (come accaduto per le pensioni sopra 10 volte il minimo, soggette al 32% di rivalutazione). Il taglio, progressivamente più incisivo a partire dalle pensioni sopra 4 volte il minimo, è legittimo. Partita chiusa, dunque.

Consulta a favore del governo sul taglio della rivalutazione, ecco perché

La decisione della Consulta evidenzia come i veri penalizzati dall’inflazione — da cui deriva la perequazione — siano i trattamenti pensionistici più bassi. Ecco perché, in una futura riforma delle pensioni, probabilmente soltanto le pensioni minime verranno incrementate. Forza Italia, ma non soltanto, ha promesso infatti di portare le pensioni minime a 1.000 euro.

Si tratterebbe di un’operazione simile a quella “al milione” realizzata da Berlusconi in passato, di cui ancora oggi beneficiano diversi contribuenti. È quindi ragionevole aspettarsi buone notizie per chi prende la minima, come suggerisce anche il fatto che negli ultimi due anni, in tema di perequazione, il governo ha concesso un 2,7% nel 2025 e un 2% nel 2025 (incremento extra rispetto al tasso di rivalutazione) sulle pensioni integrate al minimo.

Riforma delle pensioni ok, ma bisogna trovare equilibrio e risparmiare comunque

Il risparmio in termini di spesa pubblica è cruciale. Non è realistico ipotizzare riforme che permettano di andare in pensione molto prima. Lo stesso governo, pur avendo annunciato la volontà di scongiurare l’incremento di 3 mesi dell’età pensionabile a partire dal 2027, non potrà ignorare il fatto che, all’aumentare della vita media della popolazione, occorre posticipare l’uscita dal lavoro affinché l’INPS non debba erogare assegni per periodi troppo lunghi.

In alternativa, si può decidere di tagliare le pensioni. E questo è già in atto nel 2025, perché l’aggiornamento biennale dei coefficienti di trasformazione del montante contributivo ha prodotto pensioni meno ricche per chi si ritira nel 2025 e 2026, rispetto a chi lo ha fatto nel 2023 o 2024.

Che misure arriverebbero con una nuova riforma delle pensioni?

È quindi plausibile che le nuove misure per il pensionamento, incluse in un eventuale restyling del sistema, comportino tagli di assegno tanto più severi quanto più il lavoratore decide di uscire anticipatamente. Al contrario, potrebbero esserci benefici per chi sceglie di rimanere al lavoro oltre l’età pensionabile. Si potrebbe ipotizzare una riedizione del bonus Maroni. O qualche altra forma di maggiorazione contributiva, destinata a chi resta in servizio dopo il raggiungimento dei requisiti standard.

Di certo, si parla di un sistema più flessibile, che offra ai lavoratori maggiore libertà di scelta su quando ritirarsi. A pagare il prezzo, o a guadagnare un assegno più alto, sarà sempre il lavoratore stesso in base alla data che stabilirà per l’uscita.

Una delle ipotesi in circolazione è un pensionamento dai 64 anni di età. Ma con la possibilità di posticipare fino ai 71 anni. E con assegni conseguentemente più elevati per chi decide di rimandare.

Flessibilità, uscite a 64 anni ma anche quota 41 per tutti

Una proposta in tale direzione venne avanzata anche dal CNEL. Un’altra via, invece, riguarda la fine della distinzione tra lavoratori “misti” e “contributivi puri”. Estendere la possibilità di ritirarsi a 64 anni con almeno 20 anni di contributi anche ai primi, e non solo ai secondi, porterebbe a un doppio risultato. Maggiore flessibilità (oggi chi è misto può uscire sostanzialmente solo a 67 anni) e, volendo, un requisito contributivo di 25 anni con l’aggiunta di una pensione integrativa.

Purché l’assegno risulti pari a 3 o 3,2 volte l’assegno sociale.

Si tratterebbe di un calcolo contributivo che penalizza l’importo della pensione, come già avviene per quota 103 o opzione donna. Ma che potrebbe anche rappresentare la soluzione per consentire quota 41 per tutti, un’altra misura possibile nella futura riforma del sistema previdenziale.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Bond austriaci a 100 anni
Articolo precedente

Bond austriaci a 100 anni ai minimi da 15 mesi, discesa sotto 40 centesimi segnale di acquisto

Moneta unica
Articolo seguente

L’euro è diventata la moneta unica della periferia dell’impero