Per la prima volta da numerosi anni, tutti i sindacati dei lavoratori in Francia sono uniti contro il governo. A favorire le posizioni comuni è la battaglia contro la riforma delle pensioni. Il presidente Emmanuel Macron l’ha rimessa in agenda. La premier Elisabeth Borne punta a trasformarla in legge entro maggio. Ma se l’Eliseo promette di attuare “la madre di tutte le riforme”, Force Ouvrière annuncia “la madre di tutte le battaglie”. Tra i punti salienti della proposta di legge, l’innalzamento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni per i nati dal 1968.
Macron ci aveva provato durante il suo primo mandato a realizzare una riforma delle pensioni attesa in Francia da decenni. Dovette arrendersi alle manifestazioni di piazza imponenti e che rischiavano di paralizzare l’economia. I temuti ferrovieri avevano minacciato il blocco dei treni. In passato, ci provarono a destra sia Jacques Chirac che Nicolas Sarkozy. Entrambi, dovettero compiere un passo indietro dinnanzi al muro dei sindacati. E il guaio è che persino l’opinione pubblica sarebbe contraria a stragrande maggioranza.
Pensioni Francia, dati salienti
In Francia, esistono 42 casse previdenziali. Il sistema risulta confuso e nel 2019, stando ai dati del Conseil d’orientation des retraites, in media le donne sono andate in pensione a 62,6 anni e gli uomini a 62. In Italia, nello stesso anno la media fu di 63 anni, in Germania di 64 e in Olanda di 66. Per ottenere il via libera dei sindacati, Macron ha promesso l’aumento delle pensioni minime a 1.200 euro al mese per i nuovi pensionati, ma sembrerebbe disposto a beneficiare tutti i pensionati. Niente da fare, i sindacati non mollano.
La riforma delle pensioni si rivela determinante per le casse della previdenza francese.
La spesa per le pensioni in Francia ammonta a 340 miliardi, poco meno del 14% del PIL. Per i prossimi decenni, in percentuale risulterebbe sostanzialmente stabile. Questi dati sono sfruttati dai sindacati per dimostrare che la riforma delle pensioni presentata dal governo sarebbe del tutto non necessaria e risponderebbe più a logiche politiche e finanziarie. Temono che sia un atto di fede a favore dei mercati, che nei fatti piegherebbe le istanze sociali ai desiderata della finanza mondiale. Dal canto suo, Macron ha fatto del tema la sua principale battaglia identitaria. Se la perdesse, finirebbe il mandato con un flop d’immagine. Vorrebbe anche segnalare al resto d’Europa (e ai mercati) che la Francia non appartiene al Club Med, bensì al gruppo di testa del continente.
Riforma pensioni, accordo possibile con Repubblicani
Sul piano strettamente politico, l’unica convergenza possibile in prospettiva sarebbe con i Repubblicani. La sinistra di NUPES fa fronte unito con i sindacati e un dialogo con il Rassemblement National di Marine Le Pen non è neppure ipotizzabile. Il centro-destra si mostra disponibile a discutere, a patto di ottenere l’aumento delle pensioni minime e un innalzamento più graduale dell’età pensionabile entro il 2032.
Come ultima ratio e così come ha già fatto per altre leggi, la riforma delle pensioni passerebbe ugualmente grazie all’art.49-3 della Costituzione. Esso consente al governo di legiferare, tra l’altro anche sulla previdenza, facendo a meno del voto parlamentare. Tuttavia, un eventuale voto di censura affosserebbe la legge e probabilmente anche la legislatura, nonché la presidenza. I prossimi mesi saranno complicati per l’Eliseo. Le difficoltà sociali legate all’alta inflazione non si sono finora tradotte in manifestazioni di protesta. Questo argomento sembra il pretesto perfetto per riportare in piazza i famosi “gilet gialli“. Ma il presidente ha dalla sua il fatto di non doversi più ricandidare. Può fare ormai a meno della caccia al consenso e utilizzare gli ultimi quattro anni abbondanti di mandato per realizzare le riforme (impopolari) promesse sin dal 2017.