Si avvicina la riforma pensioni, ma ancora non si capisce cosa succederà dal 2022. Quota 100 va ad esaurimento a fine dicembre e, in assenza di nuove scappatoie per uscire dal lavoro in anticipo, si tornerà ai requisiti della Fornero.
Il problema non è la mancanza di volontà da parte di forze parlamentari e parti sociali nel fare la riforma pensioni. Quello che manca sono i soldi. Bruxelles ha già avvertito l’Italia che altri debiti a bilancio non saranno più concessi.
Riforma pensioni a un bivio
Cosa fare allora? Il governo Draghi non può compromettersi con l’Europa, soprattutto dopo che il Paese si è spinto verso livelli di indebitamento siderali con la pandemia.
Per cui i margini di manovra sono stretti. Quello che si potrà fare con la riforma pensioni è ampliare le opzioni già esistenti, quali opzione donna e Ape Sociale. Anche se su opzione donna l’Ocse ha già fatto sapere che andrebbe abolita insieme a quota 100.
Sul tavolo resta poi il potenziamento dei contratti di espansione che però sono riservati solo ai dipendenti privati. Resterebbero fuori gli autonomi e, soprattutto, gli statali per i quali si intravvedono periodi di sacrifici.
Il ritorno alla Fornero
Sullo sfondo ci sarà quindi la prospettiva del ritorno alle regole della Fornero. Ovvero il pensionamento a 67 anni con almeno 20 di contributi o, in alternativa, la pensione a 42 anni e 10 mesi (41 e 10 mesi per le donne) indipendentemente dall’età.
Questo comporterebbe anche uno scalone di 5 anni, rispetto a quanto previsto da quota 100 (in pensione a 62 anni di età) e il rischio che anche tanti dipendenti del settore privato incorrano nella trappola degli esodati.
I contratti di espansione prevedono, in molti casi, l’uscita fino a 5 anni prima del pensionamento di vecchiaia o anticipato.