Si continua a parlare di riforma pensioni e di rischio ritorno della Fornero. Ma di cosa si tratta veramente e perché si crea tanta apprensione fra i lavoratori?
In fondo le regole della Fornero per andare in pensione, cioè a 67 anni o con 41-42 anni e 10 mesi di lavoro, non sono mai state cancellate. Semmai, dal lontano 2012, è stata introdotta tutta una serie di deroghe temporanee.
La riforma Fornero non è mai tramontata
I requisiti per il pensionamento ordinario non sono mai stati cambiati.
Certo la fine di quota 100 nel 2021 e che aveva posto un velo pietoso sulla riforma ha riportato l’attenzione del legislatore sulla necessità di intervenire nella giungla del nostro ordinamento previdenziale.
Mancando quota 100 (in pensione a 62 anni con 38 di contributi), le alternative per uscire in anticipo dal lavoro si riducono. E quota 102, introdotta dal governo per mitigare lo scalone, lascai il tempo che trova andando ad abbracciare poche migliaia di lavoratori.
Le deroghe alle pensioni ordinarie
Ma al di là degli errori (e ce ne sono tanti) che sono stati commessi in passato sulle pensioni, è bene ricordare che in Italia l’età media di uscita dal lavoro è stata mediamente più bassa che nel resto dei Paesi OCSE.
Fra deroghe, quote varie, eccezioni, tutele ai più bisognosi, in pensione a 66 o 67 anni ci sono andati finora meno di una persona su quattro. Il che ci dice che tutto questo allarmismo è un falso problema, visto che comunque in Italia si può lasciare il lavoro prima del tempo.
Certo, dal 2023, in assenza di riforme, si andrà tutti in pensione a 67 anni (vecchiaia). O con 41-42 anni e 10 mesi di contributi indipendentemente dall’età. Ma, se alla fine, come prevedibile, si faranno altre proroghe alle attuali deroghe pensionistiche, il problema del “ritorno” alla Fornero non si pone.
Ape Sociale, Opzione Donna e Quota 102 sono al momento le eccezioni alla regola. Scadono a fine 2022, ma è molto probabile che il governo le proroghi. Rinviando ogni discussione sulla riforma pensioni alla nuova legislatura.