La riforma pensioni Fornero nel 2012 è stato un errore. Quota 100 nel 2019 un altro grande errore, conseguente al primo. Una risposta politica al governo Monti di dieci anni fa che gridava vendetta.
Sbagli su sbagli che hanno mandato fuori giri i conti della spesa pensionistica pubblica. Ma è tutta la storia della previdenza italiana che è costellata di errori. Andando indietro nel tempo, troviamo le baby pensioni, il sistema di calcolo retributivo, ecc.
Riforma pensioni e quota 100
Oggi però siamo a fare i conti con l’ultimo sbaglio: quota 100.
Il problema, semmai, non è quello di aver permesso ai lavoratori di andare in pensione a 62 anni di età con 38 di contributi, ma quello del calcolo della pensione. Le pensioni anticipate con quota 100 sono risultate mediamente più onerose di quelle di vecchiaia. Anche perché calcolate con il sistema misto.
Il peso di questo maggior onere ricadrà inevitabilmente sui conti pubblici per almeno 20 anni. Giusto o sbagliato che sia mandare in pensione i lavoratori cinque anni prima rispetto ai 67 di età previsti dall’ordinamento, comporterà maggiori aggravi di spesa.
L’allarme della Corte dei Conti
L’allarme è stato lanciato anche dalla Corte dei Conti che ha analizzato l’impatto di spesa derivante da quota 100 sulle finanze dello Stato.
“Fin dall’avvio di Quota 100 la Corte ha sottolineato come la misura abbia costituito una risposta non efficiente, per gli equilibri della finanza pubblica, all’esigenza di una maggiore flessibilità in uscita del sistema previdenziale”.
E’ quanto fa notare la Corte dei Conti nel corso di una recente audizione sulla manovra presso le Commissioni Bilancio di Camera e Senato. I giudici contabili avvertono quindi il legislatore a non fare ulteriori “sciocchezze” e a seguire le indicazioni del governo Draghi.
Con il disegno di legge di bilancio 2022, pur se si conferma la piena adesione al principio contributivo, non è rimossa la profonda incertezza che si è determinata nel sistema con l’introduzione di quota 100 per le pensioni anticipate.