La riforma delle pensioni passa anche dal confronto coi sindacati. Mentre il governo punta a superare quota 100 fra due anni quando andrà ad esaurimento introducendo nuove forme di ritiro anticipato dal lavoro, i sindacati già intravvedono forti penalizzazioni per gli assegni futuri
E’ indubbio che quota 100 debba essere riformata a scadenza per evitare lo scalone con le regole della Fornero. Ma come? Sul punto si stanno studiando diverse forme di flessibilità in uscita, come avanzato anche dal presidente dell’Inps Pasquale Tridico, ma tutte portano – secondo indiscrezioni – verso una penalizzazione degli assegni attraverso un maggior ricorso al sistema contributivo per il calcolo delle pensioni.
Il superamento di quota 100
“È inaccettabile pensare di cancellare la riforma Quota 100 così come proposto dall’attuale governo e in tal senso l’Ugl non aderirà mai a questa iniziativa che va solo a danneggiare gli interessi dei lavoratori. L’introduzione di Quota 100 ha permesso a circa 200.000 lavoratori di andare in pensione, favorendo il ricambio generazionale e l’ingresso di tanti giovani nel mondo del lavoro”. Lo ha dichiarato in una nota Paolo Capone, segretario generale dell’Ugl, commentando le parole del viceministro dell’Economia Antonio Misiani che ha parlato di introdurre, al posto di quota 100, un meccanismo meno equo e costoso lasciando intendere che le pensioni anticipate future potrebbero subire penalizzazioni. “La riforma Fornero deve restare un vecchio ricordo e non una futura ‘minaccia’ per i lavoratori nel nostro Paese“, ha aggiunto Capone.
Niente scambio fra flessibilità e penalizzazione
Ad alzare le barricate è anche la CGIL che ha posto il proprio veto al governo sull’ipotesi di scambio fra flessibilità in uscita e ricalcolo contributivo della pensione per coloro che hanno maturato anni di contributi nel sistema retributivo, perché ci sarebbe una forte penalizzazione degli assegni, fino al 32%. Il sindacato, dopo aver fatto diverse simulazioni sui vari livelli di reddito dei lavoratori con versamenti all’Inps prima del 1996 ha tratta conclusioni spiacevoli.
Pensioni tagliate del 30%
Per spiegare bene questa cosa, il sindacato ha effettuato una serie di simulazioni. La stima è stata elaborata sui lavoratori che rientrano nel sistema misto (quindi meno di 18 anni di contributi alla fine del 1995) mostrando vantaggi per l’Inps e penalizzazioni per i pensionati in caso di uscita anticipata a 64 anni. Ovviamente, il differenziale per via del ricalcolo contributivo risulta più elevato per coloro che avranno un’anzianità contributiva più ampia fino al 31 dicembre 1995 e si riduce via via che diminuisce la contribuzione a tale data. Nel caso di un lavoratore con 23.000 euro di retribuzione lorda, con 36 anni di contributi, 16 dei quali nel retributivo, la pensione lorda sarebbe di 801 euro invece che di 1.145 con una perdita di 344 euro lordi. Per lo stesso lavoratore, ma con solo 30 anni di contributi (10 dei quali nel retributivo) e 64 anni di età, la pensione lorda sarebbe di 735 euro con una perdita secca del 30% rispetto ai 1.041 con il sistema misto. Invece, per un lavoratore con carriera dinamica e 30.000 euro di retribuzione con 64 anni di età e 36 di contributi (16 dei quali nel retributivo) con il sistema misto avrebbe una pensione lorda di 1.635 euro, mentre con il calcolo interamente contributivo scenderebbe a 1.112 euro con una perdita per il lordo del 32%. Lo stesso lavoratore con 33 anni di contributi (solo 10 dei quali nel retributivo) perderebbe il 31% dell’assegno.